26 Novembre 2015

Mia madre si chiamava Sofia Levi

di Maria Luisa Gizzio

 

Il testo che segue sono riflessioni che ho scritto e inviato in internet il giorno prima delle manifestazioni indette il 22 novembre scorso a Roma e Milano e in altre città.

 

Tutte e tutti dobbiamo andare alle manifestazioni che si terranno a Roma e Milano promosse da varie organizzazioni mussulmane contro il terrorismo. Quello dell’Isis. Spero che la manifestazione sia contro tutti i terrorismi, ma anche contro chi li finanzia. Dietro ad ogni fanatismo e terrorismo c’è sempre anche chi ha interesse a fomentarlo; o anche soltanto a finanziarlo. Dietro a tutto c’è sempre il potere di pochi contro il Bene Comune. Spero che alla manifestazione ci siano le e gli ebrei, anche in prima linea.

Mia madre si chiamava Sofia Levi: il cognome dice già tutto. La mia famiglia ha avuto la fortuna di scampare alla persecuzione perché eravamo nascosti da subito, anche perché mio fratello doveva nascondersi come ricercato antifascista dopo l’8 settembre: fuori dalla nostra casa ai Parioli; in varie case di amici e anche fuori Roma.

Non ho mai odiato nessuno, nemmeno gli assassini di mio fratello. Li compatisco perché non sanno quanto può essere importante vivere in pace con tutte/i. Non sanno quanto può essere bello e quanto può essere a volte doloroso, ma anche fonte di felicità non odiare nessuno, credere negli altri esseri umani: essere anche povere, umili, semplici, ma vere donne, veri uomini. Purtroppo per loro, intervistati dopo circa 40 anni, gli assassini non si sono dichiarati pentiti: anzi! Ma non sono riusciti a destare odio nel mio cuore e nemmeno in quello di mio fratello: che sul letto di morte li ha perdonati.

La persecuzione attraverso stermini di massa e la Shoà l’hanno effettuata i tedeschi, cioè la Germania. (Che è il centro dell’Europa e non può mettersi in cattedra sulla civiltà.) Ma io amo i tedeschi, la Germania, mia madre ha effettuato tutti i suoi studi in una scuola tedesca. Siamo innamorati della cultura tedesca di Heine, Schiller, Beethoven ecc. Solo la comprensione dell’altra/o e il desiderio di vivere in pace e in armonia può farci uscire dall’odio. Ma i governanti del mondo, soprattutto quelli economici, spesso costruttori di armi, debbono riflettere sulle loro responsabilità. Anche quello che è accaduto dopo la Shoà dovrebbe farci riflettere: è stata la Germania a effettuare la distruzione di milioni di esseri umani con le motivazioni più varie e assurde. Ma non è stata la Germania a donare una parte della sua terra (o dell’Europa) agli ebrei. (E per altri gruppi umani non ebrei vittime di quella strage non si è fatto nulla: a volte sono stati travolti da altre forme di discriminazione.)

Il popolo ebraico, i miei parenti – con l’illusione sincera e gli occhi pieni di speranza di andare a fondare un mondo nuovo, un mondo di vera pace e di amore fra tutte le donne, fra tutti gli esseri umani e tutti i popoli – sono tornati nel territorio da cui 2.000 anni prima erano partiti. Ma, dopo 2.000 anni, quel luogo era abitato da popoli inermi. Purtroppo non da uno Stato riconosciuto. Solo gli Stati contano: non gli esseri umani! Così un’altra condanna per il popolo ebraico: essere costretti a mettersi nelle vesti di occupanti e di avversari di un altro popolo. Vivere un’altra volta nella paura senza sentirsi pienamente innocenti. Lo dico con vero dolore!

La pace per gli abitanti di Israele ci sarà solo se ammetteranno che – per responsabilità di un accordo internazionale che vorrei fosse reso pubblico per far sapere a tutte/i con precisione chi l’ha voluto – è stata una ingiustizia occupare un territorio che era abitato da altri: senza negoziare con quelli stessi abitanti, senza chiedere amorevolmente di governare con vicinanza ma con pari diritti e dignità.

Leggete Etty Hillesum: che leggeva negli occhi dei capi ebrei la stessa voglia di potere dei nazisti. Sono le donne e gli uomini di buona volontà – al di fuori di ogni religione e di ogni appartenenza, solo in nome della loro comune umanità – che debbono unirsi e costruire un mondo migliore.

 

(www.libreriadelledonne.it, 26 novembre 2015)

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