6 Marzo 2014
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Non c’è parità che tenga

di Luisa Muraro

 

La parità “perfetta”, quella del 50/50, non l’ha inventata Renzi né quelli che l’hanno preceduto. L’ha inventata una corrente del femminismo francese vent’anni fa circa (ed è stata poi ripresa dall’Udi in Italia).

L’idea, nella versione originale, non era banale. Ecco il ragionamento. Le politiche fin qui tentate per realizzare l’uguaglianza dei sessi (“vota donna”, provvedimenti antidiscriminatori, quote), non sono state efficaci e possono risultare controproducenti, perché danno esca ai pregiudizi sulla differenza femminile. Occorre dunque impedire che la differenza sessuale interferisca con la politica paritaria. Come? Con la parità “perfetta”, imposta dalla legge: con il 50/50 si riconosce che gli umani sono uomini/donne ma s’impedisce al sesso di avere parte in causa.

Più che femminista, quest’idea sembra essere il compimento di quell’ideale di Egalité scritto sulle bandiere della rivoluzione del 1789. In Francia, non a caso, c’è stato un seguito con la legge di parità approvata nel 2000, che però si applica solo alle candidature elettorali, mentre le “paritariste” avrebbero voluto che la ripartizione del 50/50 si applicasse alle elette/eletti.

Ma si tratta comunque di un’astrazione. Il fatto della differenza sessuale non si lascia mettere tra parentesi, come hanno scoperto subito le candidate nelle elezioni francesi del 2002 di cui riferisce Joan Scott in Parité! (2005). “Non c’è assolutamente modo di sfuggire all’evocazione della differenza”, è il suo commento. “Non c’è parità che tenga”, è il mio. Tant’è che il femminismo ha preso slancio negli anni Sessanta, in tante parti del mondo a cominciare dagli Usa, e dura ancora, aggirando il fatto della differenza, ma l’ha assunto come un punto di leva e l’ha celebrata sfidando i pregiudizi con pratiche e idee nuove.

Anche il governo androgino di Renzi, metà donne e metà uomini con a capo un uomo, ha qualcosa di astratto: somiglia molto poco a quello che conosciamo della convivenza mista. Nel lavoro, nella scuola, dall’università alla materna, per non parlare delle famiglie, ci sono contrasti e tensioni, non perché ci sia più potere in ballo, tutt’altro, ma perché c’è più realtà. Al confronto, il governo offre uno spettacolo spento e disincarnato. Non è facile prevedere come finirà perché non è facile interpretare la situazione che si è creata, tant’è che i commenti sono molti e diversi.

Renzi, indubbiamente, ha fatto una mossa rispondente a quello che è diventato senso comune, per cui vogliamo vedere anche donne nella vita pubblica. Basterebbe questo punto per rendersi conto che la sua mossa appartiene a una storia recente che non è quella della democrazia paritaria. Quest’ultima dobbiamo considerarla terminata, per quello che riguarda le donne. C’è stato un capovolgimento: abbiamo forse bisogno che ce lo dicano altri?  Non sappiamo che ha avuto origine nel rivoluzionamento dell’autocoscienza femminile? Non mi dilungo.

Che significato ha dunque il 50/50 di Renzi nel mutato contesto? Da una parte risponde, come ho detto, a un mutato atteggiamento generale, delle donne in primo luogo, verso la presenza di donne nella vita pubblica, Dall’altra, però, la formula serve all’esercizio del potere in quanto serve a creare uno spazio esente dai conflitti tra i sessi. Qualcuna, Ida Dominijanni, ha sottolineato giustamente che la mossa di Renzi neutralizza il conflitto tra i sessi. Perché evitare il conflitto? Le “paritariste” temevano il contraccolpo del conflitto politico-sessuale sulla credibilità politica delle donne. Ma adesso, e forse da tempo, io non escludo che il timore sia di uomini nei confronti delle donne, per la propria credibilità e il proprio credito.

Se così è, come penso, rispondiamo da signore, con autorità e generosità. E facciamo il nostro possibile perché la politica smetta di essere una continua competizione, ora noiosa, ora ridicola, ora micidiale, di umani che vogliono comandare, vincere, prevalere.

Repubblica 07/03/2014

La redazione del sito segnala anche i seguenti articoli pubblicati sui Via Dogana n. 82 – 50e50 sesso e potere:

“Preferisco la sottrazione” di Sabina Baral

“Un segno del kairós?” di Annarosa Buttarelli

“40E60 versus 50E50” di Letizia Paolozzi

“Invidia o gratitudine?” di Giordana Masotto

“Ovunque si decida” di Arianna Censi

“50E50 che cos’è” di Clara Jourdan

 

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