16 Gennaio 2015

Non credere di avere dei diritti

di Marta Equi

 

Recentemente ho letto Non credere di avere dei diritti (La generazione della libertà femminile nell’idea e nelle vicende di un gruppo di donne. Libreria delle Donne di Milano. Rosenberg & Sellier). La lettura è stata interessante per scoprire la storia della politica delle donne, ma anche perché mi ha svelato qualcosa su me stessa: mentre leggevo, montava in me un oscuro nodo.

Leggevo per essere più informata circa un mondo che ho intuito vicino, per cercare risposte nelle lotte di quelle venute prima di me. Ho trovato termini, pensieri, modi di ragionare e porre i problemi che mi danno forza e mi sono utili. Eppure, la fatica di parlare, progettare, agire, (…) schiacciata da qualcosa di invisibile e incomprensibile di cui si parla nel testo era ben presente in me. La necessità di “pensare che il mio io esiste” l’ho sentita pungente e viva.

Ho pensato allora che quella generazione che ha cercato e generato per sé libertà, può sì servire da esempio (ed è un dono a disposizione di chi vuole accettarlo) eppure la libertà per sé va generata continuamente. Va ricercata e rigenerata a partire da noi e dalle complessità della nostra epoca. In effetti è un pensiero non nuovo, ma io per pensarlo ho dovuto scoprirlo sulla mia pelle.

Il femminismo fa parte della Storia e va raccontato, eppure esso è necessariamente sempre nella storia. Il femminismo non è una conquista. E’ continuo e nasce ogni volta che nasce una donna. Ogni volta che nasce una donna c’è bisogno di madri e nonne, e amiche e zie e sorelle. C’è bisogno di scrittrici pensatrici attiviste maestre nemiche. C’è bisogno di femminismo ogni volta che nasce una donna.

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