21 Dicembre 2016
Il Quotidiano del Sud

Parole di verità su Aleppo e sulla guerra in Siria

di Franca Fortunato

Sulla guerra in Siria sui media internazionali passa molta, troppa, disinformazione e in particolare sulla recente liberazione della città di Aleppo est dal “terrorismo mascherato da resistenza armata”, espressione questa per indicare i “ribelli” usata da Madre Agnese Mariam de la Croix, carmelitana di origine franco-libanese che vive nel monastero greco ortodosso di San Giacomo il Mutilato di Qara in Siria. Una donna le cui parole e il cui coraggio mi hanno sempre orientata verso la verità, che è la prima vittima di ogni guerra.
La religiosa sin dall’inizio mise in guardia l’Occidente dal sostenere e aiutare i cosiddetti “ribelli”, “oppositori”, raggruppati sotto l’etichetta di Esercito Libero della Siria, dicendo che in realtà si trattava di “membri del ramo sunnita di matrice salafita o wahabita, vale a dire di formazioni paramilitari degli islamisti ultra radicali”, che sin dagli anni Ottanta avevano cercato di prendere il potere in Siria con uccisioni e atti terroristici, e che durante le “manifestazioni pacifiche” del 2011 combattevano non per la libertà e la democrazia dei siriani, come volevano far credere, ma per un governo coranico. In tutte le città che hanno occupato, i “ribelli” hanno portato morte e distruzione, hanno perpetrato “atti di crimine gratuito”: persone sgozzate, mutilate, sventrate, fatte a pezzi e gettate agli angoli delle strade o nell’immondizia. Non hanno esitato a sparare su dei bambini. “Questi atti atroci sono stati sfruttati mediaticamente per attribuirne la responsabilità alle forze del governo”. Hanno terrorizzato la popolazione civile non gradita: “la minoranza alauita, cristiana, sciita ed anche molti sunniti moderati che non hanno voluto” unirsi a loro. Hanno distrutto e bruciato tutto. Musei, acquedotti, impianti per la produzione di energia, infrastrutture, scuole. Nell’esercito Libero della Siria non ci sono solo terroristi siriani ma anche irlandesi di origine araba orientale, francesi, inglesi, australiani e ad essi si sono affiliati circa 2000 fazioni, gruppi, provenienti dalla Libia, Tunisia, Egitto, Afghanistan, Cecenia, Pakistan, Libano, Arabia Saudita, Qatar, Giordania. Più volte suor Agnese è stata accusata di essere dalla parte di Assad e i ribelli terroristi l’hanno condannata a morte, ma la sua denuncia, in giro per l’Europa, di chi sono veramente costoro, è continuata. Ha accusato più volte le forze internazionali di sostenerli, fornendo loro le armi e ha chiesto, inascoltata, di sostenere invece le forze laiche, di aiutare il popolo siriano con una corretta informazione, con azioni contro le sanzioni e con aiuti materiali. Sono “i terroristi mascherati da ribelli”, sostenuti, armati, aiutati dalle forze internazionali, che in questi giorni stanno lasciando volontariamente, insieme alle loro famiglie, Aleppo est, dopo la sconfitta militare e dopo anni di occupazione e di atroci crimini, di azioni di terrorismo contro la popolazione e incessanti bombardamenti con mortai e missili di fabbricazione israeliana di Aleppo ovest, rimasta sotto l’esercito governativo. Madre Agnese, che si dice “la voce di quelli che non hanno né voce – come le tante donne violentate – né padrini internazionali”, ha sempre negato che in Siria ci sia una “guerra civile” perché la popolazione, che per centinaia di anni era riuscita a vivere con diverse comunità, non ha mai accettato di entrare in una guerra civile, ha lasciato e chiesto che fosse l’esercito governativo a proteggerla e liberarla. La suora ha sempre parlato di una “guerra artificiale” promossa, sostenuta e portata avanti da agenti esterni contro il volere della popolazione che, come in ogni guerra, ne ha subito le più dolorose e disastrose conseguenze. Lungo questi anni di guerra lei ha continuato la sua azione di riconciliazione, praticando relazioni di convivenza tra le varie tribù con lo scopo di creare un patto tra i cittadini per dire: “Noi ci amiamo gli uni gli altri, viviamo nello stesso paese, non vogliamo prendere le armi per combatterci tra noi e noi risolviamo i problemi in un dialogo tra noi”. Le parole di Madre Agnese hanno trovato in questi giorni conferma nei tanti testimoni della liberazione di Aleppo est, come il vicario apostolico per i cattolici di rito latino, Georges Abou Khazen. “La città di Aleppo finalmente – ha dichiarato monsignore – sta per essere completamente liberata e unificata dopo quattro lunghi anni di divisioni e di morte seminata da diversi gruppi armati siriani e non. Durante l’occupazione la vita non era affatto facile, specialmente negli ultimi mesi di combattimento, perché i “ribelli” impedivano di far arrivare viveri e medicinali, mentre i loro depositi erano riforniti. Tutti questi gruppi appartengono alla galassia del fondamentalismo islamico e imponevano alla popolazione dei precetti e dei modi di vita all’insegna del fanatismo, totalmente estranei alla tradizione del popolo siriano”. “Durante le operazioni dell’esercito per liberare i quartieri est della città, molti cittadini di Aleppo – ha continuato monsignore – si erano allontanati (andando ad Aleppo ovest). Ripreso il controllo di queste zone è stato necessario pulire questi quartieri dalle mine, riaprire le strade e far funzionare tutte le altre infrastrutture e la gente sta tornando indietro, dove al posto della propria casa trova però un luogo spettrale. Presto dovrà avvenire la ricostruzione. Il clima che si respira tra la gente è di gioia, ottimismo e speranza”. Di tale clima non c’è traccia nell’informazione internazionale che continua invece a parlare di “olocausto”. Monsignore Khazen si dice poco fiducioso nella comunità internazionale perché “tutte le scuse sono buone per lasciare le sanzioni e l’embargo contro la Siria che riguarda gli aiuti umanitari, il gasolio, i medicinali e chi ne paga le conseguenze è la povera gente, mentre ogni genere di armi continua ad entrare nel Paese”. “Questo Natale – conclude il vicario – avrà un altro profumo alla luce della liberazione della città, alcune strade saranno adornate per la festa anche se non c’è l’elettricità. Ma come abbiamo fatto lungo questi anni di guerra, cerchiamo di seminare la vera gioia e speranza cristiana”. Dopo tanti disastri e tanta sofferenza si ponga dunque fine alla guerra, si ridia la libertà alle popolazioni delle tante città occupate dai “ribelli terroristi”, si faccia buona informazione e si lasci al popolo siriano la decisione e l’azione di decidere il futuro della Siria e di chi la dovrà governare.
(Il Quotidiano del Sud, 21 dicembre 2016)

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