20 Marzo 2014
Corriere della Sera

Prostitute: no al referendum «Applicate le norme del commercio ambulante»

di Giampiero Rossi

 

Meno codice penale, più codice civile e diritto del lavoro. E «una regolamentazione fiscale equa, leggera, adatta a queste persone, simile a quella applicata ai commercianti ambulanti». Pia Covre, fondatrice del Comitato per i diritti civili delle prostitute Onlus, boccia il quesito referendario sull’abrogazione parziale della legge Merlin, promosso in commissione Affari istituzionali del Consiglio regionale dalla Lega e sottoscritto da Forza Italia, Fratelli d’Italia, Lista Maroni, Partito Pensionati e Movimento 5 stelle. Durante l’audizione al Pirellone, la rappresentante di «lavoratrici e lavoratori del sesso» spiega (insieme a Yuri Guaiana dell’Associazione radicale Certi diritti) perché «il quesito referendario così com’è non risponde ai bisogni», dice no a un ritorno alle case chiuse e a proposito dei cosiddetti quartieri a luci rosse suggerisce di «pensare a un sistema simile a quello per i mercati di strada».

Inizia correggendo, con autoironia, la cortesia del presidente che l’ha presentata: «Non sono dottoressa, sono una ex prostituta… e sono ex per sopraggiunti limiti di età». Poi, con un lungo discorso, cerca di correggere il tiro della maggioranza in commissione. «I referendum popolari sono un atto democratico», premette, ma con questa proposta «non ci sarebbero nuovi strumenti per governare il fenomeno» e non è affatto scontato «che tutto il mercato si sposti al chiuso». Anzi, la convinzione è che «eliminarla dalla strada per legge significhi spingere la prostituzione di più nel sommerso e renderla più pericolosa».

Secondo Pia Covre «la legge Merlin è stata una grande legge per quel periodo, un atto di coraggio perché in quelle case avvenivano cose vergognose e non dal punto di vista morale, ma per come venivano trattate le donne» e «chiuderle è stato un passo verso il progresso e la libertà delle donne.
(Corriere della Sera, 20 marzo 2014)
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