di Alberto Leiss
In una parola. Andare oltre la violenza. I desideri degli uomini, la politica, la vita. Sabato 5 aprile un incontro a Milano di Maschileplurale
Sul manifesto dell’11 marzo una lettera di Tiziana Agostini, assessora al Comune di Venezia, diceva a proposito dell’8 marzo che «il vero tema all’ordine del giorno doveva essere il maschile». Di una questione maschile si è riparlato a proposito delle polemiche sulla legge elettorale approvata alla camera, dopo la bocciatura delle quote per le candidature.
Penso anch’io che sia un buon momento per aprire un confronto pubblico, prima di tutto tra uomini, sul significato della questione maschile. Se ne parla da anni nelle sedi – che nel tempo si sono moltiplicate — in cui c’è stato e prosegue un incontro e un confronto, anche acceso, tra donne del femminismo italiano e i non moltissimi uomini che hanno desiderato uno scambio personale e politico sul terreno che il femminismo ha aperto: l’idea e la pratica di una politica che trova la propria radice nelle relazioni personali, e che cerca la libertà in conflitto permanente con le dinamiche di potere strumentale che sono sempre presenti.
Alcuni temi di questa ricerca cominciano a entrare nel senso comune. Avviene anche grazie alla maggiore sensibilità maschile sul tema della violenza contro le donne. E alla percezione che si allarga anche tra gli uomini della perdita di senso e di credibilità di una politica, nei partiti e nelle istituzioni, che resta così segnata dalle dinamiche maschili. Un potere sempre più impotente e sempre più povero di autorità. E che per riaffermarsi imbocca la scorciatoia pericolosa di nuovi populismi.
L’espressione questione maschile è stata usata da Pippo Civati nel confronto alle primarie del Pd. Renzi, nel discorso da neosegretario, su questo punto gli ha dato ragione, accennando anche all’esigenza di discuterne in modo più approfondito, magari compulsando i testi di Massimo Recalcati, come quello sul «complesso di Telemaco». Recentemente sull’Unità Claudio Sardo ha scritto che «dalla dignità delle donne dipende anche quella degli uomini», rispondendo agli interventi di Snoq. Anche Vendola parla spesso della differenza dei sessi. Ne seguirà qualcosa di più concreto?
C’è poi, con varie oscillazioni, una opinione pubblica maschile più consapevole della propria differenza che si esprime sui media forse per la prima volta: penso a intellettuali e giornalisti come Adriano Sofri, Gad Lerner, Francesco Piccolo, Christian Raimo, Luigi Zoja, Nuccio Demetrio, Alberto Maria Banti, Sergio Manghi. Solo per citarne alcuni. Naturalmente ci sono posizioni assai diverse, e mi sembrano sempre in agguato i rischi di un certo narcisismo proprio del nostro sesso, o del facile atteggiamento di chi cerca di distinguersi dalle peggiori manifestazioni sessiste senza aprire una vera riflessione su quanto ognuno di noi partecipa, più o meno consapevolmente, alla cultura patriarcale in declino. È certo comunque che queste nuove sensibilità stentano ad assumere il valore e il significato di un fatto politico e culturale forte.
Con altri amici della rete e dell’associazione Maschileplurale ci interroghiamo da tempo – anche autocriticamente — sul perché di questa esitazione e ambiguità maschile, e sulla consistenza reale dei nuovi desideri degli uomini di fronte alla rivoluzione femminile dell’ultimo mezzo secolo.
Stiamo organizzando una nuova occasione di confronto pubblico nella giornata di sabato 5 aprile, a Milano, nella sede di Macao. A partire da un testo che riassume questi interrogativi, e che scommette sull’occasione di un cambiamento: si può leggere e commentare nel sito www.maschileplurale.it («Andare oltre la violenza. I desideri degli uomini, la politica, la vita»)
(il manifesto, 24 marzo 2014)