20 Luglio 2017

Qui e ora: relazioni, desideri, scambi a Salecina. Di ritorno dal Seminario annuale delle donne, queer e femministe

di Laura Minguzzi

«Dichiarazioni d’amore. Pratica della Storia vivente. Una occasione da cogliere: l’invenzione della vecchiaia. Differenza sessuale e genere tra biologia e libertà femminile. La via per dire no». Questi i laboratori-gruppi di lavoro al Seminario di Salecina cui ho partecipato dal 22 al 24 giugno 2017. Un ricovero per pastori del XVII secolo nelle Alpi Svizzere, trasformato e ristrutturato con arte dal gruppo fondatore, utilizzando materiali di pregio all’inizio del XX secolo. Oggi, e da quarant’anni, centro di vacanze e formazione politica aperta a tutte le diversità, autogestito dalle partecipanti. La comunicazione e lo scambio sono stati possibili grazie al lavoro delle traduttrici del collettivo di Lipsia InterpRISE e soprattutto di alcune giovani berlinesi di origine italiana. La lingua prevalente dello scambio è stata il tedesco in alcuni colloqui l’inglese. Ma rispetto allo scorso anno le numerose presenze di italiane e di studentesse tedesche che studiano la lingua italiana ed erano desiderose di parlare e fare conversazione hanno contribuito ad approfondire la conoscenza e a sciogliere dubbi o chiarire questioni per cui le possibilità di scambio proficuo si sono decisamente accresciute e ampliate. Con soddisfazione reciproca. Nell’insieme ho percepito una richiesta di capire la pratica. Per esempio nella discussione dopo il racconto della pratica della storia vivente, Bettina, interessata alla storia, voleva capire meglio come procediamo nel gruppo per arrivare alla scrittura, la metodologia passo passo. Nel gruppo «L’Invenzione della vecchiaia» Marirì ha voluto intenzionalmente porre l’accento, oltre che sulla novità dell’idea, sul metodo scelto, cioè anteporre la pratica collettiva di tre anni di incontri di parola al passaggio alla scrittura optando per la scrittura di dialoghi. Ha aggiunto che però non poteva leggerli, non essendo ancora pubblicati e appunto in quanto opera collettiva. Ho potuto notare durante il corso dei lavori che da più parti si cercavano connessioni di temi, di parole, di pratiche fra i gruppi che più hanno animato le giornate del seminario. Sarà forse stata l’eccezionale presenza di italiane di Milano e di tedesche di origine italiana a facilitare lo scambio nei colloqui, anche perché ci si ritrovava a seguire gli stessi, spinte dai medesimi interessi o in qualità di partecipanti o come proponenti un tema di discussione. Per esempio Eva, conduttrice del gruppo intitolato «Dichiarazioni d’amore», cui erano state raccontate la relazione e la discussione avvenute nel gruppo sulla Pratica della Storia vivente, mi ha chiesto un breve scritto per il notiziario sul Seminario perché ha sentito una risonanza con la sua pratica nel nostro modo di reinterpretare la storia a partire dal sentire, dai moti del cuore… per una storia che tiene in conto l’amore, e non si contrappone, non compete, non usa metafore di guerra, di conquista, fa parlare l’inconscio, l’immaginazione come chiavi interpretative. I fatti a volte divergono dalla verità. Così come Sara e Laura nella loro relazione sul corpo nella scienza hanno fatto parlare un corpo pieno di storia, incrocio di genealogie, di inconscio, di immaginazione, dove tutto si tiene, un “corpo pieno di mente” secondo una partecipante antropologa. Dicono Sara e Laura: «Nascere da una donna per una donna è differente che per un uomo. Il corpo a corpo con la madre comporta posizioni e problematiche differenti. I bambini e le bambine giocano spontaneamente separati senza fare nessun caso al colore della pelle. Il sesso viene prima, è quello che conta per giocare insieme». Ascoltare le viscere, il moto dell’anima, fa la differenza. Così nella scienza, dice Sara, seguendo una genealogia femminile e nuovi studi e ricerche dagli esiti ancora imprevedibili, quando si mettono insieme i dati biologici con i dati storico-culturali, i sentimenti, le passioni e la soggettività di chi conduce la ricerca scientifica e di chi è oggetto di studio in una relazione dinamica il quadro concettuale, il sistema dei riferimenti universali si trasforma e ancora non se ne conoscono i contorni precisi. I confini troppo rigidi sono un limite, una barriera che impedisce lo scambio. Nel gruppo sul tema proposto da Johanna, «La via per dire no», discutiamo sulle forme di potere nelle relazioni private e pubbliche e sulla necessità di spazi di negoziazione e di contrattazione in cui sia rispettata la volontà delle donne. Lei ci parla del capitolo di cui è autrice inserito in un libro collettaneo che nasce dopo la riforma in Germania del diritto penale sessuale del 2016. Come procedere. Occorre precisione nell’esplicitazione dei bisogni e dei desideri. Non pensare di sapere tutto dell’altro, come di sé stessi/e. È necessario distinguere fra aspettative e desideri. Le aspettative è giusto averle ma non confonderle con i desideri. Concordiamo sulla difficoltà di pronunciare dei “no” nelle relazioni duali e nelle relazioni pubbliche. Un “no” che non sia contrapposizione o rifiuto dell’altro ma che sposti su un altro piano la relazione, che sia apertura alla differenza. Per questo è importante la precisione nella contrattazione con l’altro/a e fra sé e sé. Spesso un no è più impegnativo di un perché richiede un percorso interiore di recupero della relazione, un cammino dopo avere detto un no, altrimenti c’è la fine della relazione. La precisione apre a qualcosa di nuovo, di imprevisto. Nel dibattito Johanna cita un esempio personale. In una relazione con un uomo lui ha rifiutato di accettare un suo invito a un evento pubblico sbottando che per lui sarebbe stato troppo! La mancata specificazione del motivo preciso del sottrarsi, del tipo: preferisco stare a casa a guardare un programma in tv che mi interessa, contiene un messaggio implicito: e anche tu faresti meglio a stare a casa, anche per te è troppo! Questo nell’ambito di una relazione duale. Un modo per colpevolizzarti e togliere spazio alla tua libertà.


(www.libreriadelledonne.it, 20/7/2017)

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