di Silvana Silvestri
Anteprima. Il nuovo film della regista di “Bellissime” racconta alcune celebrità e i loro quartieri
Roma è una divinità femminile, sarà per questo che ancora oggi i tifosi l’adorano con riti pagani. Un tocco di divinità hanno assorbito anche alcuni personaggi femminili diventati quasi simbolo della città: Romane il nuovo film di Giovanna Gagliardo (in anteprima alla Casa del Cinema il 14) le espone come preziose icone legate ai loro quartieri, un collegamento non così casuale come potrebbe sembrare.
Roma costruita sui colli, il discrimine tra una via e un’altra, l’attraversamento del Tevere: c’è tutta una storia e una tradizione da raccontare, più vivida nel ricordo quanto più offuscata dalla nuova decadenza contemporanea. La Trastevere di Lina Cavalieri, da povera tipografa e fioraia diventata celebre cantante, acclamata come la donna più bella del mondo, tanto da raggiungere le 840 proposte di matrimonio (accettò via via cinque mariti), una voce che evoca toni del passato a Lina Sastri che la ricorda. Gabriella Ferri nata a Testaccio come la racconta Luisa De Santis, la sua compagna di avventure canore (poi presero strade diverse), esplosa nel canto come un grido di quel dolore, della depressione che portava dentro di sé, «capace di prendere una canzone e farla sua».
A Piramide il cimitero degli inglesi conserva le spoglie, il ricordo di Amelia Rosselli, Luce d’Eramo, Irene Galitzine, Miriam Mafai, la sfortunata Belinda Lee, sull’Aventino l’accademia di danza che fondò nel 1948 Jia Russkaia (come a dire: «io, russa») soprannome di Eugenia Borissenko e le fa da specchio Lia Calizza che ha diretto in seguito la scuola, tra le morbidezze austere delle allieve. Alessandra Di Castro direttrice del museo ebraico che ci conduce con i suoi racconti attraverso la Roma del Cinquecento, ai tempi dell’istituzione del ghetto ed evoca la figura di Anna Del Monte e del suo «ratto», («trattenuta a’ Catecumini tredici giorni dalli 6 fino alli 19 maggio anno 1749») perché si convertisse al cattolicesimo, fino a Tullia Zevi giornalista al processo di Norimberga e poi presidente di tutte le comunità ebraiche. Ascoltare la storia di queste donne forti e indomite in questo periodo in cui sembra che un’onda di violenza debba avere la meglio, ci dice che non si deve arretrare di un passo. Nella costruzione del film, il ritratto che di una donna famosa fa una celebrità contemporanea crea una indissolubile catena di presenze femminili da esaltare nella loro determinazione, grandezza o debolezza, così come Gagliardo ha già fatto in alcuni suoi film precedenti, come le due puntate di Bellissime, il viaggio lungo un secolo della donna italiana, il coraggio del cambiamento. Il suo è un percorso creativo strettamente legato alla politica e al femminismo.
Chiude il film ritirandosi nel suo palazzo così come la immortalò Fellini, Anna Magnani e Caterina d’Amico ne racconta i lati più segreti.
(il manifesto, 11 giugno 2016)