19 Febbraio 2021
#VD3

Siamo grate a Conte


di Maria Castiglioni e Clelia Pallotta


L’espressione pubblica di sentimenti e pensieri non è moneta corrente tra i sessi.

È un terreno poco o niente frequentato e quindi di per sé impervio: da una parte è ingombro di luoghi comuni, dall’altra registra uno storico silenzio o imbarazzo.

Prevale il timore di essere fraintese, di essere assorbite nelle dinamiche note (seduzione/ammirazione/dipendenza), di essere assimilate a una parte politica, di pentirsene.

Siccome parlare su questo terreno è un azzardo lo si continua a lasciare disabitato, orfano di parole diverse di donne e a disposizione di quelle vecchie perlopiù maschili.

Per cui si sta zitte.

Noi abbiamo trovato nell’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte alcune caratteristiche umane e di stile nel governo della cosa pubblica che vorremmo qui nominare e segnalare.

Siamo grate a Conte

Cominciamo dall’uso del linguaggio: semplice, chiaro, alla portata di tutte/i.

Abbiamo registrato il suo modo di essere sulla scena pubblica: presente ma non presenzialista, uno starci funzionale alle cose da fare, limitato all’essenziale.

Anche la sua modalità di interagire ci è apparsa collaborativa, volta alla mediazione e alla chiarezza, lontana da strumentalismi e doppiezze.

Ne abbiamo anche riconosciuto il notevole impegno lavorativo, la fatica e il coinvolgimento: questo ha prodotto un’immagine non futile della politica, spostandone il focus più verso l’esercizio di autorità che di potere.

Anche il difficile esercizio di trovare un punto di equilibrio e di dialogo tra alleati eterogenei per storia e collocazione, così come il sostenere scelte di equità sociale, vicine all’immediatezza dei bisogni delle persone immerse nel reale quotidiano, ha comportato uno sforzo che abbiamo apprezzato.

E infine anche il suo farsi da parte, senza recriminazioni, accuse o polemiche, ci è sembrato un segno di sobrietà politica, stimolante ed esemplare in un contesto in cui l’insulto e il discredito sono ordinari elementi del discorso.

Il saluto che il personale di Palazzo Chigi gli ha reso alla fine del suo mandato e il suo gesto (unico tra tutti i passati presidenti) di volere accanto a sé la compagna e di rendere pubblica questa relazione suggellata dall’immagine della mano nella mano, ha trasmesso l’idea di una ammissione di parzialità che necessita, per esserci, dell’altra parte del mondo.

Questo nostro riconoscimento non è più grande di un chicco di melograno, quello stesso chicco con cui Ade rapì Core vogliamo usarlo ora per segnalare le circostanze in cui il maschile può non esaurirsi nel patriarcale.

(Via Dogana 3, www.libreriadelledonne.it, 19 febbraio 2021)

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