25 Settembre 2013

Siria. Incontro a Foggia con la responsabile del Coordinamento umanitario dell’ONU

report di Katia Ricci

Incontro alla Merlettaia mercoledì 18 settembre 2013 con Rosaria Bruno, responsabile del Coordinamento umanitario del Segretariato dell’ONU, che opera in Siria da 11 mesi per coordinare le attività e rendere possibile l’accesso della popolazione agli aiuti delle varie agenzie, Croce Rossa, privati, fondazioni, militari di stanza in Siria.

“Non ci sono più buoni e cattivi, le violazioni sono commesse da tutti contro tutti. Attualmente ci sono centomila morti certificati, sessantamila scomparsi, un numero imprecisato di morti in zone che non abbiamo raggiunto, 2 milioni di rifugiati nei paesi vicini, 5 milioni di sfollati interni.”

Questo l’impressionante bilancio, purtroppo provvisorio, di una guerra insensata, come si suole dire e che, invece, ha una sua logica, come tutte le guerre.

“Eppure tutto è cominciato con una manifestazione di studenti a Dera, che sull’onda della cosiddetta primavera araba, reclamavano libertà civili e personali, come il diritto di associazione e la libertà di stampa. Ma la repressione del governo è stata brutale. Ha indicato i manifestanti come terroristi. Hanno peggiorato la situazione le sanzioni e l’embargo, che sempre e soprattutto colpiscono la popolazione civile. Il risultato è stato che l’opposizione democratica è uscita dal paese e gruppi di ribelli hanno preso le armi.

La Siria è un paese secolare, un crogiuolo di varie culture, etnie e religioni, con un equilibrio tra loro, sancito dalla costituzione. Aveva alti indicatori di benessere, un notevole livello di emancipazione delle donne, che occupano posti importanti nelle professioni e nell’amministrazione, ma limitate libertà per tutti. Ancora oggi il governo cerca di assicurare i servizi pubblici.

In seguito alla repressione, i gruppi di intellettuali sono andati in esilio verso la Turchia, la Francia e l’Inghilterra, mentre nel 2011 è sorta l’opposizione armata dei cosiddetti ribelli. Il governo, che fino a poco tempo fa negava che ci fosse una crisi umanitaria, solo da ora comincia a fare delle ammissioni e a riconoscere che c’è una lotta contro i terroristi, usando la stessa terminologia che usava nei confronti degli studenti. Si è esasperata la posizione dei radicali e le regole della guerra non sono più rispettate da nessuno.”

Alla domanda se e da chi è stato usato il gas nervino, così ha risposto: “Non posso rispondere e nessun ispettore dell’ONU può dirlo, o meglio gli ispettori possono dire soltanto, come hanno detto, che in quella determinata circostanza che hanno analizzato, è stato usato il gas”. Il Coordinamento umanitario (di cui Rosaria Bruno è a capo in Siria) è un “agente neutro”, che non ha interessi particolari né propri progetti da portare avanti.

“L’assoluta neutralità è la condizione perché altre agenzie possano svolgere i loro progetti nelle zone difficili. La nostra organizzazione è riuscita a negoziare con i vari gruppi armati e il governo al fine di fornire assistenza umanitaria e la sospensione del fuoco per l’accesso umanitario. Operiamo in una situazione molto difficile perché siamo appena 4000 operatori su 21 milioni di abitanti, ai quali bisogna aggiungere 5000 sfollati palestinesi e altri sfollati dei paesi confinanti. A questi si aggiungono i Curdi, che in un primo momento guardavano con favore gli oppositori, mentre adesso sono alleati del governo.

Attualmente stanno entrando in Siria gli Hezbollah a fianco di Assad.

A rendere ancora più difficili gli interventi, bisogna tener presente che le zone controllate dagli oppositori o dal governo cambiano continuamente. Quando vado in missione da Damasco ad Aleppo impiego 14 ore per passare attraverso le varie zone e i relativi controlli, mentre prima ne occorrevano solo 4. Tutti abbattono aerei e stanno usando carri armati contro scuole e ospedali. Infatti, a rendere più terribile la situazione, è intervenuta la distruzione e l’occupazione degli ospedali e l’attacco alle ambulanze che trasportano i feriti perché si presume che i feriti siano combattenti.”

Alla domanda sulla condizione e sul ruolo che hanno le donne dice:

“Prima il codice era particolarmente avanzato per le donne, mentre ora nelle zone controllate dagli islamisti le donne non possono più lavorare e ci sono stati molti arresti, per cui stanno sorgendo gruppi femminili armati e ci sono stati scioperi e blocco dei convogli dei ribelli perché le donne non vogliono perdere il livello di emancipazione. Ma da parte di tutti si fanno violenze sulle donne, che subiscono stupri, aborti e hanno difficoltà a partorire.

Le viene chiesto come potrebbe comportarsi il movimento pacifista italiano, quale parte sostenere e come orientarsi.

“Per la prima volta – risponde – il governo italiano con Emma Bonino ha assunto una posizione ragionevole. C’è una sola agenzia italiana pacifista che opera in Siria e sono poche quelle che hanno esperienza umanitaria. Solo Emergency e Medici senza frontiere, che non operano in Siria. La posizione del Papa è stata molto efficace e ha mosso i capi religiosi. Anche i giovani e gli oppositori vogliono il dialogo, ma sono fuori del paese. La popolazione è stanca e vuole la pace, in più in Siria, date le condizioni di benessere prima della guerra, non sono abituati alle ristrettezze. Il camion che distribuisce l’acqua, mentre in Africa è accolto come un miracolo, in Siria provoca disagio psicologico e umiliazione. I bambini erano abituati a mangiare regolarmente e a fare merenda, ora invece sono malnutriti.

Al di là delle dichiarazioni gli USA sono cauti nell’azione, perché c’è il rischio dell’allargamento del conflitto. L’Iraq è più pericolosa della Siria perché c’è molta instabilità e lì si sono rifugiati molti siriani, così come in Turchia, dove potrebbe esserci fermento e in Giordania, maggiore alleato dell’USA, che ha accolto i siriani, ma nei campi.

Siamo riusciti a far riaprire le scuole, abbiamo dato fondi e convinto gli insegnanti a riaprire, sia pure in condizioni difficili e vincendo le loro resistenze, preoccupati che l’alto numero degli allievi andasse a discapito della qualità. Altra differenza con paesi in crisi come in Africa, dove l’apertura di una scuola, anche con un numero elevatissimo di alunni è accolta con felicità. Ma, in compenso, è rimasto forte il senso di solidarietà, per cui, per esempio, le persone che le ricevono, dividono fra loro le razioni, mentre in Africa si scannerebbero per assicurarsele interamente. Abbiamo maggiori difficoltà a negoziare con i ribelli, perché il governo, per avere consensi, non blocca gli aiuti e, comunque, è un governo socialista, che persegue l’uguaglianza, assicura i servizi pubblici, e sostiene il ruolo forte dello Stato.”

Alla domanda sul rapporto tra le varie etnie e le varie religioni, risponde che in Siria etnie e religioni sono la stessa cosa, anzi le chiamano sette. “Oggi l’opposizione armata cerca di portare il conflitto verso una logica religiosa, mentre tutto è iniziato con la richiesta di maggiore democrazia.

Purtroppo l’occidente continua a voler esportare il proprio modello democratico, e accoglie con favore la cosiddetta primavera araba, sperando che ne sortirà una società simile a quella occidentale. Ma non succede questo: in Tunisia, per esempio, le donne ora stanno molto peggio. Noi occidentali non siamo capaci di dialogare con l’Islam, che ha componenti molto diverse. Le voci moderate non sono sostenute e se ne vanno dai propri paesi.”

Le viene chiesto quale ruolo hanno i cristiani. “All’inizio non si sono schierati, poi hanno subito rapimenti, come è successo al patriarca ortodosso. Molti stanno scappando per gli attacchi da parte dei gruppi che vogliono la formazione di uno stato islamico.”

Infine Rosaria Bruno ritorna a mettere l’accento sull’importanza di continuare a mantenersi neutri per poter agire. Ma il ruolo di “agente neutro” del Coordinamento umanitario non impedisce però la consapevolezza della differenza tra donne e uomini nel rivendicare il particolare interesse e impegno personale nell’operare per la riapertura delle scuole e nel campo della comunicazione. Per questo dice che la sua organizzazione è impegnata in una campagna di comunicazione attraverso i social network per spiegare la loro azione e la necessità di mantenersi neutri tra le parti contrapposte.

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