31 Marzo 2017

Sul convegno internazionale Maternità al bivio (Roma, 23 marzo 2017)

di Clara Jourdan

Ho partecipato al convegno internazionale Maternità al bivio: dalla libera scelta alla surrogata. Una sfida mondiale organizzato da “Se non ora quando-Libere” il pomeriggio del 23 marzo scorso a Roma presso la Camera dei deputati. Snoq-Libere, come ha ricordato Francesca Izzo nella sua introduzione, viene dal movimento “Se non ora quando?” che aveva convocato la grande manifestazione del 13 febbraio 2011 (contro l’allora presidente del consiglio e la tolleranza verso il suo modello di relazione tra uomini e donne). Un convegno dunque promosso da femministe in un luogo istituzionale, a indicare che oltre dibattere si voleva anche proporre una presa di posizione dell’Onu contro la maternità surrogata. All’incontro erano state invitate femministe e studiose (compresi due uomini) impegnate sulla tematica e donne parlamentari e di governo. Tutte, per come ho ascoltato io, hanno parlato da donne e da femministe, portando gli argomenti contro la surrogazione che si possono leggere anche nei contributi pubblicati sul sito della Libreria delle donne – mercificazione del corpo femminile e dei suoi frutti e distruzione a della relazione materna – ma che non suonavano ripetitivi perché ciascuna li declinava secondo la propria sensibilità e con sincero coinvolgimento. Un convegno riuscito. Perciò mi ha sorpreso che, tranne l’attento resoconto di Monica Ricci Sargentini subito uscito sulla 27esimaora e a cui rimando (Dall’Italia raccomandazione all’Onu «L’utero in affitto reato universale», 23 marzo 2017), non ho quasi trovato articoli o servizi sull’evento, ignorato dalla maggior parte dei media. Immaginavo che essendosi svolto a Montecitorio, e su un tema così importante, avrebbe avuto risonanza. Non l’ha avuta: forse perché non c’è stato scontro tra le diverse forze politiche? Forse perché era un convegno femminista e dunque fuori luogo nella Sala della Regina della Camera? Forse perché è un argomento “sensibile”? L’altra cosa che mi ha colpito della ricezione mediatica, è che chi ne ha parlato ha dedicato quasi tutto lo spazio agli interventi di deputate, senatrici, ministre, sia per valorizzare la trasversalità delle posizioni, sia per criticarle (come Andrea Maccarrone su www.prideonline.it, 24 marzo 2017). Fa eccezione avvenire.it che prima dell’incontro ha intervistato la costituzionalista Silvia Niccolai (Lucia Bellaspiga, Utero in affitto. Oggi l’Italia ha l’occasione per dire no alla maternità surrogata). Al convegno infatti c’erano importanti relatrici come la filosofa e femminista francese Sylvaine Agacinski che ha parlato di «una questione di civiltà», la ricercatrice indiana Sheela Saravanan che ha riferito della pesante situazione in India («può essere fermato tutto questo?»), la scrittrice Susanna Tamaro che ha raccontato una storia, lo psicanalista Fabio Castrioti che citava Winnicott, «Il bambino non esiste senza sua madre»… Insomma, un’occasione di riflessione ricca e articolata, niente a che vedere con una passerella di politiche di professione. Peccato non informarne adeguatamente.

C’è tuttavia un punto critico che riguarda questo convegno ma non solo, tutta la discussione pubblica sul tema. In generale, come si è visto, gli argomenti portati a Roma contro la pratica della surrogazione sono quelli che circolano nel movimento delle donne, variamente approfonditi. Ma c’era una questione sottaciuta che è emersa solo alla fine dell’incontro e che non è stata segnalata in nessuno dei commenti che ho letto. La questione posta dalla differenza sessuale, che, paradossalmente, sembrava non essere importante, anzi: tranne Silvia Niccolai, che è stata la penultima relatrice e ha precisato che il «principio giuridico millenario mater semper certa è espressione della differenza qualitativa che ricorre tra donne e uomini anche e specialmente nel campo della generazione», da cui la differenza delle «coppie lesbiche», riconosciuta da alcune legislazioni europee, chi nominava le «coppie sterili» si affrettava a precisare, «indipendentemente che siano etero o omosessuali». Certo la differenza sessuale che tutti vedono pone problemi giuridici non ancora risolti, a partire dal principio costituzionale del «senza distinzione di sesso». Ma l’evitamento nel parlarne è perché fare la differenza tra coppie omosessuali di donne e coppie omosessuali di uomini provoca conflitti. Proprio alla fine del convegno, quando hanno potuto intervenire le partecipanti programmate, Cristina Gramolini, la presidente di Arcilesbica di Milano, ha detto che si è aperto un conflitto importante con uomini gay con cui avevano condiviso tante battaglie in passato: ora loro le considerano delle traditrici perché si oppongono a una pratica che invece i gay sostengono. Queste donne hanno deciso di fare la differenza.

(www.libreriadelledonne.it, 31 marzo 2017)

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