11 Aprile 2017

Sul web come koala

di Sara Gandini

Il mondo virtuale accorcia le distanze e questo è eccitante. Ci sembra di poter essere ovunque e di avere occasioni di scambio con realtà lontane che altrimenti non incontreremmo. Paradossalmente questa vicinanza, se non esce dai limiti del virtuale, in realtà rischia di dividere. C’è l’illusione che la rete e la sua velocità permettano a tutti di dire la loro, ma in realtà questo avviene a spese dell’ascolto degli altri. Il narcisismo digitale e la personalizzazione di fatto restringono gli orizzonti creando un mondo autoreferenziale. In questo modo la politica spesso si riduce a denuncia, indignazione e scontro. Un’esaltazione compulsiva alimenta botta e risposta in crescendo, con relativa spettacolarizzazione della comunicazione e dei conflitti. Lo so per esperienza.

Il mezzo potenzia questa dimensione, ma alla base a me pare di vedere l’attitudine mentale della politica maschile, dalla politica partitica alle guerre: ci si appassiona alle discussioni solo quando ci si deve schierare, contrapporre e far fronte a nemici da combattere. E se ti sottrai a questa dinamica, se cerchi mediazioni con la controparte, e non stai ai giochi previsti, diventi anche tu una potenziale nemica.

Che senso ha aprire conflitti con chi non stimi o con persone a cui non riconosci la dignità di essere un valido interlocutore? Il conflitto non può servire solo ad alimentare la convinzione che si è nel giusto e ad annientare l’avversario; il conflitto è fecondo se serve ad alimentare il pensiero, a trovare le parole che permettano di fare mediazioni, a trovare pratiche che sappiano far capitare qualcosa, in noi prima di tutto.

Ho nominato la politica maschile perché impostata sul far fuori il nemico, ma quello che più mi manda in crisi in realtà sono le aggressioni da parte delle donne. La violenza tra donne mina la fiducia che ho nelle pratiche politiche femministe, le sento sfuggire di mano quando non ci sono i corpi e l’altra sparisce dietro al video.

Quando mi è capitato di essere presa in quel vortice di aggressioni, la violenza virtuale e lo spettacolo delle aggressioni femminili contro altre donne mi hanno provocato un senso di vergogna. Quello che capitava mandava nell’insensatezza le mie parole, come se le pratiche politiche che puntano sulle relazioni, sui conflitti non distruttivi, sull’autorità circolante  lì avessero le armi spuntate. Così ho scelto di sottrarmi dal luogo più critico. Ho dato le “dimissioni” da amministratrice del gruppo Facebook della Libreria delle donne, che avevo creato una decina di anni prima e che ora conta migliaia di iscritte e iscritti.

Ho fatto un passo a lato lasciando uno spazio vuoto, perché altre potessero farsi carico del progetto, con altre relazioni e altre parole. Sottrarmi a quelle dinamiche perché altro possa capitare ed io possa trovare il mio modo di starci, soprattutto grazie alla possibilità di tenere insieme confronti in presenza e scambi online, narrando cosa accadeva sul web a chi quel luogo non lo vive. Ed è capitato che coloro che preferiscono non stare sui social hanno cominciato a partecipare ai desideri, alle esperienze, ai problemi delle altre.

Non è stata quindi una rinuncia. La politica sul web è la sfida della nostra epoca e io ci voglio essere, portando sia rabbia che desiderio. Il web rappresenta uno spazio che permette di esserci con la propria soggettività, può tirare fuori il peggio di noi, ma è anche uno spazio che offre molte più possibilità di esprimersi liberamente rispetto ai media mainstream, riservati ai pochi che ci lavorano e soggetti alle linee editoriali.

Si tratta di una grande sfida per cui c’è bisogno di imparare competenze relazionali che permettano di fare i conti con la velocità di informazioni, il surplus di immagini, la brevitas della scrittura.

Ma l’assenza dei corpi? Un amico mi fa notare che la dimensione virtuale delle relazioni via web ha una sottile continuità con l’attitudine maschile a rimuovere l’ingombro del proprio corpo, a superarlo, a prescinderne. Proiettare questa cosa nella rete per gli uomini è facile. Ma cosa succede se a stare nel web sono le donne e vogliono portarci le loro pratiche di relazione e la loro differenza sessuale? Il mio amico mi fa notare che sono state proprio le donne, poco più di due secoli fa, a prendere al volo l’occasione offerta dalla nascita del romanzo moderno e a fare di quella realtà virtuale uno spazio di libertà e di ricchezza simbolica.

Per non cadere nell’insensatezza e nel neutro partiamo dalle narrazioni delle esperienze. La mia mostra l’importanza di aggrapparsi alle relazioni in carne ed ossa, appena è possibile: stare sul web ma aggrappate alle relazioni con la stessa determinazione con cui agli alberi si aggrappano i koala.

 

(www.libreriadelledonne.it 11/04/2017)

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