17 Gennaio 2014
Corriere della Sera

Szymborska in viaggio, da Stalin a Woody Allen

di Luca Mastrantonio

 

Wislawa Szymborska è scomparsa il primo febbraio di due anni fa, a 88 anni, ma è possibile passare un’ora in sua compagnia grazie al documentario La vita a volte è sopportabile (uscito da Casagrande, con libro che raccoglie testi di Roberto Saviano, Francesco M. Cataluccio, Matteo Campagnoli, Jaroslaw Mikolajewski). Il film di Katarzyna Kolenda-Zaleska è un ritratto assai fedele all’umorismo della poetessa polacca; e sorprendentemente intimo, perché fa breccia nella riservatezza di un’autrice che, dopo il Nobel del 1996, temeva di perdere il contatto con la vita reale: musa irrinunciabile per un lirismo filosofico intriso di quotidianità.Com’è riuscita la regista a convincere la Szymborska? Con un viaggio, un percorso a premi stravagante, come certe passioni della poetessa; in particolare, l’acquisto compulsivo di souvenir e oggetti kitsch, presi in giro per il mondo, che poi, per svuotare casa, regalava agli amici durante cene che finivano con pesche miracolose (o mostruose); e poi l’attrazione per i cartelloni di paesi dai nomi surreali (Neanderthal e Sodoma). Li faceva fotografare dal segretario Michal Rusinek, grazie al quale il film apre i cassetti fisici (600, in un appartamento di 60 mq, a Cracovia) e mentali della poetessa; di lei racconta aneddoti e appunta le poesie composte durante il viaggio (a cavallo del 2008): sono limerick , umoristici componimenti brevi, che la Szymborska s’inventa e poi recita davanti al cartello del paesino di Corleone, in Italia, o nella città di Limerick, in Irlanda (da cui deriva il nome del genere poetico).Dal gomitolo di interviste spunta fuori un divertente dialogo a distanza con Woody Allen, in un scambio di battute autoironiche e vicendevole adorazione. Per i più sentimentali, ci sono gli occhi lucidi della poetessa quando legge Amore a prima vista ; ai patiti del rimorso, concede un pensiero sui suoi versi giovanili in omaggio a Stalin: «Non mi giustifico, li ho scritti; me ne pento». E poi: «Mancano di conoscenza e immaginazione».Miti senza pentimento, invece, sono Ella Fitzgerald, Al Pacino, Havel e il pugile polacco Andrew Golota («che dire, un uomo vero» sospira davanti a una sagoma che lo ritrae). E sopra tutti Vermeer: il documentario registra l’estasi sotto-palpebra della poetessa davanti alla Lattaia , in un museo olandese, cui poi dedicherà una poesia («giorno dopo giorno versa / il latte dalla brocca nella ciotola / il mondo non merita / la fine del mondo»).Il film riesce a far trapelare la luminosità della Szymborska, la sua gioia di vivere, vedere e scrivere, attraverso parole, gesti e sorrisi; oggetti grotteschi, come il sommergibile-accendino, o vezzosi, come i cappellini; e poi certi riti, dall’amato caffè nero, lungo, alle sigarette lente, boccheggiate. Quando aveva iniziato a fumare? Prima della guerra, dice. E poi, smilitarizzando la risposta, precisa: ma si trattava di una questione d’amore.

 

(Corriere della Sera, 17 gennaio 2014)

Print Friendly, PDF & Email