31 Dicembre 2013
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Tania che ha difeso il Dna

di Pietro Greco

Ora lavora alla Casa Bianca, come assistente della direzione per le scienze forensi nell’ambito dell’Ufficio che si occupa di politica della scienza e della tecnologia. È una biologa, con un master in energia e risorse. Ma la rivista «Nature» l’ha eletta a personaggio scientifico tra i 10 più rappresentativi dell’anno per le sue capacità giuridiche. Si chiama Tania Simoncelli ed è lei che ha messo insieme le giuste argomentazioni che lo scorso mese di giugno hanno convinto la Corte Suprema degli Stati Uniti a giudicare non brevettabili i geni semplicemente individuati e isolati dal Dna di un organismo vivente. Una sentenza storica, che pone fine a 30 anni di prassi contraria in voga negli Stati Uniti.

Per affermare questo principio, nel corso degli ultimi tre decenni, sono scesi in campo molti sostenitori del principio secondo cui «non si brevetta la vita». La Corte Suprema non ha detto questo. Non ha distinto tra vita e non vita. Ma tra invenzione e scoperta. Ha riconosciuto, però, che è possibile brevettare le invenzioni, in cui c’è un elemento di novità prodotto dall’uomo, non le semplici scoperte.
Il merito di Tania Simoncelli è di aver impegnato l’American Civil Liberties Union (ACLU), un’organizzazione non governativa che si batte per i diritti civili, in una battaglia legale contro un’azienda, la Myriad Genetics, che avendo isolato i geni umani BRCA1 e BRCA2 coinvolti in alcuni tipi di tumori, pretendeva salate royalties da chiunque li volesse utilizzare. Tania Simoncelli, che ha chiare origini italiane, ha convinto la Corte Suprema che la pretesa – fondata sulla mera scoperta e non su un’autentica invenzione – offende sia i diritti degli individui sia la libertà di ricerca. E ha vinto. Segnando una tappa storica nel rapporto tra diritto e genetica.
La sua bravura ha convinto la Casa Bianca ad assumerla.

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