di Francesca Pasini, Sandra Bonfiglioli e Luisa Muraro
Cara Luisa,
ho pensato a quello che mi hai detto durante l’incontro in Libreria con le artiste che hanno partecipato al progetto “La quarta vetrina” (25 maggio 2016).
Lo sguardo dell’altro che ho visto nella Venere di Tiziano, non è diverso quello della “La rivoluzione lentissima” di Margherita Morgantin.
La scelta di presentare la visione leggibile all’esterno non è slegata dalla lettura del rovescio all’interno. I vuoti del vetro mi fanno istintivamente guardare fuori, analogamente a quando mi sono girata indietro per vedere dove guardavano gli occhi di Venere.
Per me questo è l’incontro con lo sguardo dell’altro.
Oggi non è l’iconografia cristiana o classica che ci fa percepire lo scarto dello sguardo, ma segni, forme, frammentarie, astratte, che collegano l’esperienza emotiva, mentale, concettuale del guardare. Credo che artiste e artisti cerchino attraverso i propri strumenti inventivi di arrivare a un centro della vita. E anche noi che li guardiamo dobbiamo avere uno scatto creativo per collegare il soggetto che hanno messo al mondo al centro della nostra vita. In quel momento, miracolosamente, qualcosa cambia perché l’opera-soggetto ci stimola a vedere ciò che ci compete.
C’è il fascino del talento, ma lo sguardo che scambiamo con lui-lei (intendo sempre il soggetto-opera) non dipende solo dalla bellezza dei colori, dei disegni, ma da qualcosa – normalmente non visibile – che ci porta a riflettere sulla nostra vita.
Il divino dell’arte non è più sufficiente a formulare un giudizio estetico. Tocca a noi osservatori e osservatrici decidere. Ovvio che bisogna documentarsi, come in ogni azione. L’arte non è un grimaldello spontaneo che apre le porte della bellezza e del pensiero. Tocca la conoscenza emotiva e bisogna tenerne conto per guardare dentro di sé per guardare oltre.
L’esperienza della vetrina non è una semplice presentazione dell’arte in un altro luogo, è la possibilità di tendere un filo tra la creazione politica delle donne che si respira qui e lo smantellamento del neutro maschile artistico che, come tu sai meglio di me, inizia dalla filosofia presocratica con il termine “gli uomini, i mortali” per definire la nostra specie.
Quando Lia, in giugno scorso, mi ha chiesto di occuparmene mi è sembrata l’occasione che aspettavo.
C’è molto da fare, perché l’idea che l’arte sublimi la differenza tra donne e uomini è così conficcata nelle menti e nei cuori che è facile abbandonarsi a quest’illusione. Inoltre il patriarcato ha costruito invenzioni immense, dal Partenone alla Cappella Sistina. Beni supremi che appartengono a uomini e donne, quindi perché mai imparare a guardarli con occhi di donna o di uomo? Basta l’occhio dell’arte. Ma l’eccellenza artistica ha bisogno di letture di uomini e donne altrimenti lo sguardo dell’altro non diventerà mai visibile.
Lia mi ha anche chiesto di nascondere almeno in parte, l’interno rispetto alla strada. Visto che non esiste una divisione tra il vetro e la stanza.
In agosto camminando e discutendo lungo il mare di Camogli con Alice Cattaneo, ho trovato la soluzione: ogni artista avrebbe liberamente risolto il problema interno/esterno. Non un diaframma stabile, come normalmente avviene, ma una figura in cui il rapporto interno/esterno suggerisce sia una metafora dell’arte, sia della storia e del pensiero della Libreria. L’opera non è pensata per la strada, ma per la Libreria e quindi va bene che la strada e la stanza abbiano una reciproca visibilità.
È un’invenzione importante, non solo perché non ci sono altri esempi di spazi espositivi di questo tipo, ma perché tra arte e Libreria delle donne è normale discutere lo sguardo dell’altro.
Marta Dell’Angelo, Alice Cattaneo, Concetta Modica, Elisabetta Di Maggio, Elena El Asmar, Margherita Morgantin hanno “schermato” la vetrata in modi diversi, ma tutte hanno creato una visione che va di qua e di là del vetro. Sottolinea non tanto il tutto tondo artistico, quanto la relazione tra il loro essere artiste e il dialogo con La Libreria. Questa è l’occasione. Mi dirai che può succedere comunque. È vero. Ma l’arte si fa nei luoghi e per i luoghi, quindi il contatto diretto tra vetrina e stanza è fondante nelle loro creazioni.
I vuoti che tu hai notato nella vetrina “La rivoluzione lentissima”, fanno parte di questo rapporto. Sono emersi man mano che i sacchetti di plastica contenenti le mascherina della scritta e quelli vuoti sono stati disposti sul vetro. Sono i materiali pittorici con cui Margherita ha creato un affresco trasparente. Senza il vetro sarebbe stato diverso.
Ho visto quest’opera prima attraverso le sue parole e l’ho riconosciuta man mano che applicavamo i sacchetti al vetro. La sua scritta mi ha portata alla frase di Carla Lonzi di Sputiamo su Hegel: “il proletariato è rivoluzionario nei confronti del capitalismo, ma riformista nei confronti del sistema patriarcale”. Mi sarebbe venuta in mente anche se avessi visto questo affresco in un museo? Sì. Ma qui posso collocare lo scarto rispetto a rivoluzione-velocità in una realtà politica specifica, e non in un’ipotesi.
L’andirivieni dei vuoti, delle trasparenze, dei colori mi fanno riconoscere nello sguardo di Margherita la rivoluzione lentissima che sto compiendo per leggere l’arte come qualcosa che sta dentro e fuori di me e mi sento di parafrasare Lonzi: l’arte è rivoluzionaria rispetto all’invenzione, ma conformista rispetto alla libertà se non decide di uscire dai confini del neutro maschile.
Grazie delle tue domande, mi aiutano a mettere a fuoco, almeno spero.
A presto
Francesca
(26 maggio 2016)
Care amiche, mi interessa questa riflessione ma non riesco a inquadrare bene la domanda di Luisa e non la rintraccio nella risposta di Francesca. Francesca vuoi farlo tu succintamente? Grazie, Sandra
Se posso, rispondo anch’io, Luisa.
La mia questione era: tu, Francesca, hai introdotto la discussione con una interessante esposizione sullo sguardo che fa incontrare l’opera e chi la guardi, proiettando e commentando opere che illustrano questa importante idea dell’opera come incontro di due soggetti. Io credo di capire e sono d’accordo. Ma tu stessa, parlando della serie delle vetrine fin qui create dalle artiste, hai sottolineato, come già in passato, che l’opera realizza un dentro-fuori: lo sguardo dunque la attraversa e a questo mira, in ciò consiste, lasciarsi attraversare, cosa che, una vetrina dopo l’altra, ormai mi affascina. Come metti d’accordo le due cose? Io sento uno scarto (anzi, devo aver detto: una contraddizione).
Ciao, Luisa Mur.
Forse complico, ma provo a rispondere.
Lasciarsi attraversare dallo sguardo dentro-fuori delle vetrine, non elimina l’incontro tra i due soggetti davanti all’opera. Anzi. Accentuando la lettura della mente, che si avvale di segni corporei, emotivi, non legati alla scrittura, stringe la parentela tra soggetto biologico e soggetto-opera.
Riconosciamo una persona quando ci viene incontro, ma anche quando se ne va e ci porge la schiena. È un tutt’uno. La vetrina è un po’ questo. E questo è eccezionale.
Non è il classico “tutto tondo” dell’arte, né il fronte retro di un quadro, ma una figura artistica della relazione politica, culturale di un luogo: La Libreria delle donne delle donne di Milano.
Lo sguardo che attraversa l’opera è così forte, perché la vetrina ne è avvolta, nel caso di Elena Asmar addirittura indossa i suoi arazzi, mentre avviene un primo sguardo tra il soggetto-opera e il soggetto-Libreria. All’interno di questa invenzione ogni opera vive la sua vita ed è in quel momento che l’attraversamento diventa lo sguardo con l’altra, l’altro che ogni artista vede e poi ci consegna perché tutti e tutte dialoghiamo tra noi attraverso la vetrina. C’è sempre un dentro e un fuori, se un’opera fa il miracolo di farcelo attraversare sincronicamente per me è un modo di rompere la polarità soggetto-oggetto e tentare quello sguardo tra due soggetti che ci può far convivere nella differenza.
In genere questo dilagare dello sguardo viene interpretato come la visionarietà dell’arte, qui è invece una trasparenza fisica che ci fa capire che attorno c’è il cielo, le case, gli uomini, le donne, le piante, gli animali…
Francesca
(www.libreriadelledonne.it, 31 maggio 2016)