16 Gennaio 2014
il manifesto

Un’attitudine politica per ripensare il presente

Alessandra Pigliaru

Cartografie. «Tutto sulla speranza» della filosofa australiana Mary Zournazi. Considerata un gesto politico radicale, questa raccolta di saggi mette in campo riflessioni e punti di vista su una categoria sempre più relegata nell’ambito della metafisica.

«Quando non abbiamo più spe­ranza, abbiamo anche poco spa­zio per riflet­tere e impe­gnarci». È ciò che si sostiene nell’ottimo volume di Mary Zour­nazi dal titolo Hope – New Phi­lo­so­phies for Change (Pluto Press Austra­lia, 2002) ora tra­dotto in Ita­lia con il titolo Tutto sulla spe­ranza. Nuove filo­so­fie per il cam­bia­mento (Moretti&Vitali, pp. 283, euro 22). Il libro è com­po­sto da dodici con­ver­sa­zioni che la filo­sofa austra­liana ha intrat­te­nuto con scrit­tori, scrit­trici, filo­sofi e filo­sofe in tante parti del mondo. Il testo, tra­dotto da Anna­ma­ria Aran­cio con la revi­sione di Marta Alberti, Laura Mal­tini Lepe­tit e Sil­via Zanolla, è il primo pre­zioso tas­sello che inau­gura la col­lana diretta da Anna­rosa But­ta­relli, «Pen­siero e pra­ti­che di tra­sfor­ma­zione». Già accolto posi­ti­va­mente dal dibat­tito scien­ti­fico inter­na­zio­nale, Sla­voj Žižek lo ha defi­nito un libro di cui c’è biso­gno come il pane quo­ti­diano per­ché final­mente mostra la rela­zione «tra spe­ranza meta­fi­sica e poli­tica rivo­lu­zio­na­ria». Si comin­cia appunto da que­sto rilievo per doman­darsi in che modo una rifles­sione sulla spe­ranza possa essere utile in un tempo appa­ren­te­mente così dispe­rato. E in che modo possa essere una leva effi­cace per tra­sfor­mare il presente.

In cerca della felicità

Zour­nazi non cerca facili solu­zioni, pone piut­to­sto domande intel­li­genti che sol­le­ci­tano sapien­te­mente il senso cri­tico di let­tori e let­trici. È appunto certa che la spe­ranza sia lo spar­tiac­que attra­verso cui poter deci­frare il mondo per­ché ne sa descri­vere la rica­duta etica. Prima di farne una filo­so­fia, l’idea di spe­ranza si col­loca nella sto­ria del pen­siero e della poli­tica fino a espri­mere la tem­pe­rie socio-culturale in cui viviamo. Se restiamo nei pressi del tardo capi­ta­li­smo, la spe­ranza e la stessa ricerca della feli­cità sem­brano con­di­zio­nate dall’ossessione secu­ri­ta­ria di unità nazio­nale, suc­cesso eco­no­mico ed esclu­sione delle dif­fe­renze. Nella pro­pa­ganda popu­li­sta delle destre, in par­ti­co­lare, la spe­ranza fa parte della poli­tica della col­pe­vo­lezza e serve per sedare risen­ti­mento ed esa­spe­ra­zione. Vien da sé che per costruire una filo­so­fia e una pra­tica della spe­ranza, se ne dovranno inda­gare le impli­ca­zioni tenendo conto della con­tem­po­ra­neità in cui viviamo e delle mani­po­la­zioni che in suo nome ven­gono prodotte.

Tutto sulla spe­ranza è uno di quei testi su cui vale la pena tor­nare più volte, tal­mente sono ric­chi i rife­ri­menti così come le ana­lisi: glo­ba­liz­za­zione, classi sociali, pra­ti­che poli­ti­che e di esi­stenza, con­flitto, intel­li­genza arti­fi­ciale, ma anche gioia, gene­ro­sità e gra­ti­tu­dine, solo per citarne alcuni. Nei dia­lo­ghi imba­stiti si potranno leg­gere nomi come quello di Bloch, Marx, Bach­tin, Ben­ja­min. Mary Zour­nazi però rilan­cia. Pro­pone con­ta­mi­na­zioni ina­spet­tate che si mesco­lano al tema prin­ci­pale per aprirsi a nuove ipo­tesi e geo­gra­fie filo­so­fi­che molto con­vin­centi. Sarà anche per­ché ha con­dotto le con­ver­sa­zioni coin­vol­gendo dodici tra le menti più lucide nel pano­rama mon­diale, che spa­ziando e scon­fi­nando sia dal tema che dalla cosid­detta disci­plina di appartenenza.

Il libro si sud­di­vide in tre parti: la prima si con­cen­tra sulle idee di spe­ranza da un punto di vista per­so­nale, filo­so­fico e poli­tico. A discu­terne sono Alphonso Lin­gis, Michael Taus­sig, Julia Kri­steva e Nikos Papa­ster­gia­dis. Se Lin­gis si inter­roga sul rap­porto tra spe­ranza, corag­gio e «ridere in fac­cia alla morte», è Taus­sig che imma­gina la spe­ranza come un altro dei nostri sensi, «una parte ana­to­mica, non in senso fisico ma alle­go­rico». Kri­steva trac­cia invece l’interessante legame tra spe­ranza e cura, per fron­teg­giare la distru­zione psi­chica. In sot­to­fondo c’è il discorso sulla scrit­tura e il lin­guag­gio che viene messo a tema ripe­tu­ta­mente. Lo fa Papa­ster­gia­dis, nel nodo speranza-esilio, ma anche Gaya­tri Cha­kra­vorty Spi­vak. Come tutti gli altri inter­lo­cu­tori, anche lei si spo­sta su nume­rosi aspetti dell’esistere. «Giun­gere alla crisi è un momento in cui è pos­si­bile agire» dove «qual­cosa di ere­di­ta­rio si capo­volge e si assetta nel suo contrario».

La para­lisi dell’immaginario

È in que­sto pas­sag­gio che per la fem­mi­ni­sta si può par­lare di «un salto di spe­ranza». La qua­lità di que­sta che si potrebbe defi­nire una pra­tica della spe­ranza, è per Spi­vak assai arti­co­lata e cor­ri­sponde al suo radi­ca­mento e atti­vi­smo in più di una que­stione. Dall’istruzione e la for­ma­zione nei pic­coli vil­laggi indiani alla rivi­si­ta­zione delle strut­ture demo­cra­ti­che. Più orien­tata su una poli­tica della spe­ranza è infatti la seconda parte del libro. Dopo gli scambi con Cri­stos Tsiol­kas, le rispo­ste di Chan­tal Mouffe e Erne­sto Laclau sem­bra pre­ci­sino meglio il peri­colo di una deriva fin troppo otti­mi­stica legata alla spe­ranza. Ciò non signi­fica la para­lisi dell’immaginario sociale. Come da tempo sosten­gono, le demo­cra­zie plu­ra­li­ste radi­cali sono da inten­dersi come pro­getti per cui valga la pena lot­tare. Chia­ra­mente non si tratta di una pro­ce­dura con­ci­lia­to­ria del buon governo bensì dell’impossibilità di com­pi­mento totale della demo­cra­zia insieme alla costru­zione di un sog­getto dotato di «pas­sioni» che da molto vicino riguar­dano anche la spe­ranza. Altret­tanto forti sono le rifles­sioni di Ghas­san Hage, così come quelle di Michel Ser­res, Brian Mas­sumi e Isa­belle Sten­gers che com­pon­gono l’ultima parte del libro.

Nell’epoca che abi­tiamo, trac­ciare una linea sulla verità della spe­ranza può con­tri­buire alla costru­zione di un senso cri­tico e poli­tico del futuro. La parola chiave è infatti pro­prio que­sta: futuro. Non per sol­le­varsi pigra­mente dalle rovine in cui gra­vi­tiamo ma, secondo Zour­nazi, per dare corpo ad un pro­getto poli­tico che non sia slo­gan del capi­ta­li­smo e che si con­fi­guri come ripen­sa­mento della giu­sti­zia economico-sociale in un’epoca post-marxista. Attra­verso alcune con­si­de­ra­zioni sul pen­siero rivo­lu­zio­na­rio, le con­ver­sa­zioni affron­tate da Zour­nazi sono anche spunti effi­caci per la sini­stra. O forse sarebbe meglio dire di auspi­cio, prima di aver sta­bi­lito con pre­ci­sione cosa si intenda per «sini­stra» in ogni parte del mondo.

 

Print Friendly, PDF & Email