di Aldo Cazzullo
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Siamo un Paese maschilista anche in politica?
«In Italia c’è chi sostiene fortemente l’avanzamento delle donne, e c’è chi non ci crede, non si sente pronto ad accettare che una donna possa rappresentare le più alte cariche dello Stato. C’è uno zoccolo duro che lo ritiene quasi insopportabile».
Nello zoccolo duro forse ci sono anche donne.
«Sì, ci sono anche donne che non credono in questo. Ma per principio mi rifiuto di entrare in dispute tra donne che vanno a indebolire la posizione femminile. Se una donna mi attacca, mi aggredisce in quanto donna, non rispondo. Non mi presto».
Consideri i passi avanti però. La prima donna ministro…
«La prima donna ministra. Si dice ministra».
…È del 1976. Tutto è successo molto in fretta.
«Perché abbiamo perso vent’anni a causa del fascismo, che ci voleva solo mogli e madri. Già nel 1867 il deputato Salvatore Morelli propose il voto alle donne. Fu la sua tomba politica. Lo schernirono, ogni volta che prendeva la parola in aula era accolto da risatine. Noi italiane partiamo svantaggiate; per questo abbiamo ancora tanta strada da fare. Fino a quando una donna dovrà scegliere tra maternità e lavoro, fino quando a parità di mansioni guadagnerà di meno o sarà vittima di violenza mascherata da amore, avremo ancora strada da fare».
Non crede che la questione terminologica, cui lei tiene molto, non sia fatta per creare simpatie alla sua causa? Che rischi di essere confusa con una fissazione del politicamente corretto?
«Ogni persona che vuole smontare un pregiudizio, che vuole essere innovatrice, deve accettare di essere fatta oggetto di facili ironie, di essere sminuita. Lo deve mettere in conto: ogni figura che vuole precorrere i tempi e insistere su temi all’apparenza secondari ha dovuto affrontare questo. Sono arciconvinta che la questione del linguaggio rappresenti un blocco culturale. La massima autorità linguistica italiana, la Crusca, dice chiaramente che tutti i ruoli vanno declinati nei due generi: al maschile e al femminile. Ma la maggior parte accetta di farlo solo per i ruoli più semplici, e si blocca per gli altri».
Ad esempio?
«Tutti dicono contadina, operaia. Ma già a dire avvocata la gente storce il naso: “È brutto, è cacofonico…”. Questo perché per secoli non abbiamo avuto avvocate. Sindache. Ministre. Ma la società evolve e così anche il linguaggio evolve. In tutte le lingue neolatine esiste la declinazione di genere. Perché solo in Italia non la dobbiamo usare? Sono stata la prima a introdurla alla Camera: si diceva solo il deputato, il ministro».
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(Corriere della sera, 9/7/2016)