25 Ottobre 2013

VIA CASTELLANA BANDIERA un film di Emma Dante

di Marialaura Galante

 

Ieri sera sono stata al cinema a vedere questo film. È una tragedia, direi greca secondo il canone. Un’azione, in unità di tempo e di luogo. Un organismo che si presenta quindi come un insieme di parti funzionanti tra loro, che riesce a produrre catarsi anche nello spettatore, che utilizza l’elemento dell’accidentalità della situazione e della “presunta” normalità dei protagonisti, che grazie alla forma artistica e quindi “poetica” va oltre l’accidentalità vera dei fatti e consente conoscenza. Le protagoniste (varie) si trovano inaspettatamente – per un infausto destino – in un luogo dove si configurerà un’azione che durerà 24 ore, ferme nello stesso luogo, con la stessa scena, nella stessa città (o strada).

L’azione è data dalla caparbia scelta di due protagoniste di non cedere l’una all’altra, bloccate nelle menti come nella strada. Siamo davanti a un blocco che si autoproduce, che genera altre azioni e che poi, a sua volta, dentro quel groviglio obbligato e non libero, trova la sua deflagrazione liberatoria. Le protagoniste sono donne giocate a multipli di due: le due, la mamma e la figlia, le due mamme e le due figlie, la coppia in carne e ossa, la coppia simbolica, la coppia metaforica, l’agito del materno fuori da sé o per mezzo dell’altra. C’è una situazione che si genera nella e dalla violenza di un ambiente ostile alle due, tre, quattro rispecchiantesi donne. Le donne protagoniste, e non quelle traslate, sono inchiodate nella loro vicenda e nei loro automatismi. Soprattutto nell’unica emozione che ha permesso loro di vivere e tentare la “libertà” fino a quel momento: la rabbia caparbia e sfidante, e vitale. Fino a che la violenza a cui si sono opposte con questa rabbia e con strategie proprie che non rivelano libertà vera diventa il passaggio per ribaltare sulla città la sua insania, a costo della tragedia. Una sottrazione cercata ed esplosiva all’interno del meccanismo stesso: un elemento di disordine totale: quello femminile prima che trovi parola. Più forte e decisivo dell’omertoso delinquenziale volgare brutto subumano maschile quando è violento e senza parola. La giovane donna arrabbiata, figlia arrabbiata, gioca in alleanza con l’altra, perché l’una senza l’altra non si dà, perché forse una serve all’altra per arrivare alla rivelazione (di sé), forse perché quella partita è una partita che disarciona quella solita della volgarità prepotente. Una delle due svolge anche la funzione di innesco: sarà l’occasione della più anziana per la sua scelta definitiva. E non so cosa penserà dopo. O se avrà bisogno di pensare come invece deve fare il pubblico. L’altro a “salvarsi” è il bambino. Dunque… C’è una grande bellezza giocata sull’autenticità. Nonostante la grande bruttezza della scena e della “città”.

Nel film di Emma Dante ci sono la grande bellezza della vitalità e della rabbia, e della loro esplosività; c’è l’artificio – bello e creativo appunto – di cercare e immaginare strategie di sopravvivenza, la possibilità di abbattersi – per quanto tragicamente – su una violenza di stampo maschile indicibilmente volgare e deprivante, e alla fine impotente e “incapace”.

A questo punto, con le due donne si salva – sempre nonostante la tragedia – il ragazzino, il nipote che viveva in diretto contatto con la nonna primitiva e autentica.

E lì mi è venuto d’istinto pensare a quanto dice Carla Lonzi dei giovani e delle donne quali unici soggetti rivoluzionari. Non so se Emma Dante volesse dire questo, ma io credo che un lavoro cinematografico e letterario come quello di Via Castellana Bandiera non possa che partire da sé, dalla conoscenza di sé per arrivare a rappresentarne il gesto politico – cioè pubblico e di relazione – (delle due: la vecchia e la giovane, la mamma e la figlia, le duellanti, le Thelma e Louise, del gesto nella città o i suoi abitanti).

La catarsi finale libera persone in corsa, verso il burrone – forse –; per me fuori finalmente dall’isolamento.

 

Via Castellana Bandiera è un film del 2013 scritto e diretto da Emma Dante, con Alba Rohrwacher, Elena Cotta, Emma Dante, Renato Malfatti. La storia è ambientata a Palermo, tratta dal romanzo della stessa Dante, edito da Rizzoli nel 2009.

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