26 Luglio 2013

Vicenza, festa guastata per la base

di Antonella Cunico

 

FESTA SENZA PACE PER LA BASE, titolava il Giornale di Vicenza commentando l’inaugurazione della nuova caserma militare statunitense sull’area del Dal Molin.

Infatti la mobilitazione ha scandito la giornata del 2 luglio, attesa con crescente preoccupazione da parte delle autorità USA per le diverse azioni di protesta che con segno diverso avrebbero costellato più luoghi della città.

Dal primo mattino siamo arrivate in viale Ferrarin in bicicletta, noi di femminileplurale con le Donne in Rete per la pace, alcune donne del presidio e le Donne in Nero di Padova che spesso in questi sette anni hanno supportato le nostre iniziative.

I cristiani per la pace avevano già disposto attorno alla grande rotatoria che immette all’ingresso principale della base numerose le croci bianche simili a quelle dei cimiteri di guerra.

Sul lato sinistro dell’incrocio era stata affissa una gigantesca bandiera della pace listata a lutto e sul lato opposto della strada altri attivisti agitavano le bandiere No Dal Molin.

In posizione di massima visibilità ci siamo allineate noi donne, tutte vestite di nero, ciascuna con una lettera bianca a formare la scritta BASI MILITARI = MORTE.

Le macchine di rappresentanza e i pullman che entravano alla base per la cerimonia dovevano obbligatoriamente passare davanti a noi, rallentando per accedere alla rotatoria.

Dalla nostra posizione abbiamo così potuto osservare nei convenuti gli atteggiamenti più diversi: gli ufficiali e le loro eleganti ospiti sfilavano in auto scintillanti, per lo più impettiti, guardando avanti, alcuni con aria imperturbabile, altri scuotendo la testa, con espressione di grave riprovazione.

La truppa costituita dai militari dal cranio rasato arrivava invece su giganteschi fuoristrada e auto dai colori chiassosi, per lo più passava sghignazzando e mostrando il dito medio, ma non tutti ci hanno rivolto gesti offensivi: alcuni soldati, molto giovani, rivolgevano invece altrove ho sguardo imbarazzato.

Dagli italiani ci siamo sentite urlare “Andate a casa!” o “Andate a lavorare!”, insomma gli slogan consueti, che non brillano per originalità; ci ha divertite invece un: “Andate a fare polenta!”… avremmo voluto offrirla a chi l’ha caldeggiata, considerato l’afa della giornata…

Molti suonavano il clacson in segno di approvazione; alcuni, abbassando il finestrino, hanno gridato “Brave!”; altri sono passati levando il pugno chiuso con espressione solenne e altri ancora mostrando il pollice verso in segno di OK. Le donne sembravano più titubanti, o forse tenevano per sé le loro considerazioni. Alcune ci indicavano ai figli posti sul sedile posteriore.

Un anziano è arrivato in bicicletta con bottiglie di acqua fresca, gesto molto apprezzato perché non è stato così facile stare in piedi per ore, immobili e in silenzio…

Ci sono stati, naturalmente fra le manifestanti degli avvicendamenti e delle pause, ma è anche vero che alcune di noi sono rimaste a oltranza dal mattino al tardo pomeriggio ed è stato con rapidità ed efficienza che abbiamo fatto fronte anche a qualche malore, coperto con discrezione da immediate sostituzioni sul campo.

Sono arrivate le TV locali a intervistarci, Mariangela delle Donne in Rete ha parlato in diretta con i cronisti di alcune radio e il questore, uscito dalla cerimonia, è passato a salutare.

Dai cronisti abbiamo avuto le news di quanto accadeva all’interno, dove l’inaugurazione della cerimonia si era svolta non solo low profile, ma addirittura rasoterra… 

 

Queste, infatti, le notizie confermate poi dai notiziari regionali e documentate da autorevoli testimoni: il rituale si è svolto in un clima di freddezza, senza la partecipazione dei rappresentanti del governo, senza acclamazioni, né fanfare: si è percepita una divisione netta, fisica, fra le autorità italiane intervenute – il prefetto, il questore, alcuni politici – da un lato, e gli statunitensi – l’ambasciatore, i militari – rigorosamente dall’altro.

Il sindaco, al quale migliaia di cittadini e cittadine hanno rivolto l’appello a non partecipare a una cerimonia da molti considerata offensiva per la dignità della città di Vicenza ha dichiarato che… fatalità! …aveva stabilito di andare in ferie proprio in questa settimana.

Il vicesindaco si è comunque presentato, ma senza la fascia tricolore: poiché la fascia rappresenta l’appartenenza dell’autonomia locale allo stato, la sua mancanza ha voluto marcare simbolicamente la distanza e l’estraneità di questa amministrazione nei confronti delle scelte che due diversi governi hanno imposto alla comunità vicentina, negando il referendum e la valutazione dell’impatto ambientale.

Ma di grande effetto è stata l’assenza del vescovo, che ha declinato l’invito e ha dato disposizione affinché nessun sacerdote della diocesi partecipasse all’inaugurazione della caserma, sembra abbia detto che non c’è nulla da benedire.

 

Alle cinque alcune di noi sono andate in corso Palladio e sono rimaste per un’ora in silenzio davanti al portone di palazzo Trissino, sede del comune, in segno di biasimo, perché avremmo voluto una posizione non pilatesca da parte del sindaco. La gente passava, ci guardava, poi scrutava l’interno cercando del palazzo cercando una spiegazione…

Un ambulante all’angolo la suonato “Bella ciao” a chiarire il significato della nostra presenza lì: è stato un ottimo e imprevisto contributo spontaneo alla nostra iniziativa.

La giornata si è conclusa con la fiaccolata promossa dal presidio permanente, alla quale hanno partecipato un migliaio di persone.

Ritengo che sia stato importante lo sforzo per far convergere le differenti espressioni di dissenso in questa giornata. Il dialogo riaperto fra le diverse componenti del movimento presenta ancora difficoltà e in alcuni momenti degli irrigidimenti: qualcuno, dal presidio, ha denigrato le bandiere listate a lutto e stigmatizzato l’azione promossa dalle donne definendola “mortifera” e deprimente.

Sul sito del presidio si legge “L’elogio della cesoia”, ovvero l’esaltazione dell’azione dei “lavoratori dell’altro comune” che domenica sera, con volto coperto ed elmetto giallo in testa hanno tagliato le recinzioni della base Pluto. “Chi ha scelto l’inaugurazione della base vorrebbe vederci chiusi in una rotatoria”, si nota polemicamente. “Noi dopo esserci presi per una domenica site Pluto torniamo ad attraversare la città”.

Non credo che sia stato irrilevante essere state insieme, donne di gruppi diversi, davanti alla base.

E penso che si possano sostenere le posizioni di cui si è convinti senza dover necessariamente svilire quelle degli altri: ma pare che questa sia una modalità di cui alcuni proprio non riescono a fare a meno, quasi che la propria tesi acquisti più valore se si costruisce sulla denigrazione delle altre.

Pur continuando a ritenere importante il lavoro comune prendo atto realisticamente delle difficoltà di tenere insieme le diverse anime del movimento, questa storia non è nuova. Le donne che militano all’interno dei gruppi misti l’hanno già sperimentata molte e molte volte.

 

Ma noi siamo determinate ad andare avanti, se possibile insieme, se possiamo senza contrapposizioni, tuttavia con le nostre modalità:

 

Fosse la nave di raso, non occorrerebbe lottare –

Per camminare sui mari ci vogliono i piedi di cedro

 (Emily Dickinson)

 

http://www.femminileplurale.net/

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