29 Novembre 2013

VIOLENZA SULLE DONNE: UOMINI CHIAMATI IN CAUSA

Anche nell’ambito della violenza sulle donne stiamo assistendo ad un importante cambio di tendenza: dal mettere in scena soltanto lei, vedendola quasi esclusivamente come vittima, si inizia a volgere lo sguardo sul versante maschile. Gli interventi infatti non si concentrano più solo sulle donne, ma sono nati percorsi di “trattamento” per maltrattanti, sex offender, per coloro che esercitano la violenza in tutte le sue forme. Inoltre il diffondersi capillare delle teorie femministe e il lavoro di riflessione di  gruppi di uomini porta l’attenzione sul fatto che le donne non sono vittime da proteggere, soggetti deboli a cui imporre un percorso di uscita dalla violenza, ma sono al contrario donne che hanno desideri e strategie da tenere in considerazione anche nel lavoro di uscita dalla situazione violenta. Ma per risolvere il problema è necessario chiamare in causa anche l’uomo con il retaggio della cultura patriarcale che si porta dietro, il suo concetto di mascolinità, oltre che a intervenire naturalmente sulla sua storia più propriamente personale. Questa in sostanza la tesi del libro Il lato oscuro degli uomini. La violenza maschile contro le donne: modelli culturali di intervento (a cura di Alessandra Bozzoli, Maria Merelli, Maria Grazia Ruggerini, Eidesse ed., 2013) che mi trova e d’accordo, ma aggiungerei una considerazione che dirò più avanti.

 

La prima parte del libro presenta una panoramica delle azioni contro la violenza e degli organi preposti a questo in Italia e all’estero. I capitoli successivi riportano riflessioni di donne e uomini sulla necessità di intervenire sugli autori della violenza per frenare il fenomeno e per attuare un cambiamento perché la violenza delle donne è un problema degli uomini.

Ma come vengono visti nel libro questi uomini violenti? Non mostri o immigrati anche se spesso le campagne di comunicazione tendono a farli vedere proprio così, come si sostiene nel capitolo di Cristina Oddone Invisibili e muti. Gli uomini e la comunicazione sulla violenza maschile contro le donne. Il considerarli come fossero un fenomeno isolato, lontano dalla normalità, significa relegare il problema a casi specifici o convincersi che gli interessati siano stranieri. La violenza è invece un problema che riguarda tutti ma proprio tutti gli uomini, perché trae origine dalla loro cultura millenaria. Questo fatto viene sottolineato a più riprese anche nelle approfondite riflessioni da parte alcuni altri autori nei capitoli successivi, autori che sono per lo più uomini impegnati in un lavoro di riflessione su di sé e di messa in discussione di tante strutture patriarcali che governano le loro, le nostre vite.

Viene dato inoltre particolare rilievo al fatto di non trattare la violenza sulle donne soltanto come una patologia individuale. È una questione più estesa, come accennavo, che affonda le sue radici nella cultura patriarcale, in un determinato modo di concepire la mascolinità, nel sistema di valori patriarcali i quali hanno come conseguenza, tra le altre cose, carenze nel riconoscimento delle emozioni, la scarsa capacità di mettersi nei panni dell’Altra/Altro, la difficoltà di gestire conflitti e di mettersi in gioco in una relazione con una donna. Poi ci sono naturalmente anche le cause individuali, il libro non lo nega anzi, ma le vede inserite appunto in un più ampio contesto sociale. Ho trovato molto stimolante il capitolo di Chantal Podio, L’invidia maschile e la sua violenza, nel quale c’è un’accurata riflessione sugli elementi profondi che sono alla base della misoginia, misoginia che può in certi casi sfociare in violenza, come la paura del femminile, la paura della forza delle donne, l’invidia per un corpo che può generare.

Mi sento di sostenere questo testo perché mette in discussione tanti schemi e preconcetti patriarcali, un tempo dominanti e oggi traballanti. La cosa che condivido, inoltre, è il fatto che non ci sia una criminalizzazione dei responsabili che vengono considerati soggetti deboli, in tanti casi vittime a loro volta di violenza. Nel libro si sostiene l’importanza di una punizione ma anche di un percorso di messa in discussione dei pilastri della loro cultura millenaria. Sono sicuramente d’accordo, ma quello che aggiungerei è che una seria riprovazione sociale avrebbe l’effetto di trattenere una parte di loro  prima che accada il peggio  senza dover ricorrere alla prigione.

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