di Stefano Montefiori
«Ai grandi uomini, la Patria riconoscente», si legge sul frontone del Panthéon di Parigi, la chiesa di Santa Genoveffa trasformata in mausoleo degli eroi di Francia dopo la Rivoluzione. Quando il 2 aprile 1791 morì il conte di Mirabeau, e fu deciso di destinare alle spoglie sue e degli altri grandi della République quella gigantesca costruzione neoclassica, a nessuno venne neanche lontanamente in mente che tra loro avrebbe potuto esserci una donna, come dimostra la scritta. E infatti, finora sono entrate nel Panthéon solo in due e non per meriti propri: Sophie Berthelot riposa accanto al marito grande chimico Marcellin Berthelot, e Marie Curie è stata aiutata ? come se ce ne fosse bisogno, nonostante i suoi due premi Nobel ? dalla presenza del marito Pierre. In una Francia dove la metà dei ministri è donna (9 su 18, anche se Interno, Esteri, Finanze e Lavoro vanno agli uomini), un Panthéon esclusivamente maschile è un anacronismo imbarazzante, la rappresentazione simbolica e quanto mai monumentale della disparità tra i sessi nella società. Per questo in occasione dell’ultimo 8 marzo il presidente François Hollande ha giudicato essere venuto il momento di «accogliere delle donne nel Panthéon», e ha affidato a Philippe Béleval, presidente del Centro dei monumenti nazionali, il compito di redigere un rapporto per aiutarlo nella riflessione. Béleval ha appena consegnato la relazione di una cinquantina di pagine al presidente, che entro la fine dell’anno scioglierà la riserva e dirà quali personalità ha scelto. Intanto, il rapporto Béleval individua i requisiti fondamentali dei nuovi ingressi: bisognerà rendere omaggio «a donne del XX secolo che incarnino un forte messaggio di impegno repubblicano». Più nel dettaglio, Béleval raccomanda di premiare «personalità che abbiano mostrato, durante una o due guerre, tutto il loro coraggio e abbiano poi saputo trarre da quelle esperienze dolorose ? perché potrebbero essere state torturate o deportate ? le risorse per un nuovo impegno, in favore della pace, della giustizia sociale o della scienza». Che una donna, per entrare al Panthéon, debba preferibilmente avere subito torture o deportazioni, fa un po? sorridere.Comunque, il requisito del martirio nel XX secolo manca alle donne più citate nella consultazione pubblica lanciata su Internet il 2 settembre, e alla quale hanno partecipato 30 mila francesi. Ci sono la drammaturga e pioniera del femminismo Olympe de Gouges, autrice della «Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina» e ghigliottinata nel 1793 perché ritenne barbara l’uccisione di Luigi XVI; poi la scrittrice Simone de Beauvoir, l’etnologa che partecipò alla Resistenza Germaine Tillion, la filosofa Simone Weil. Il collettivo femminista La Barbe ha scritto però una semiseria lettera aperta a Hollande, pregandolo di non sforzarsi troppo e di lasciar perdere. «Monsieur le Président , ci sono monumenti che non possono e non devono subire l’oltraggio della modernità. È su questa pietra angolare del patriarcato che i nostri figli imparano a rigar dritto in un mondo ben ordinato. Né cento, né dieci, né una donna, e soprattutto non la Gouges devono entrare. Perché non c’è miglior modo di farla finita con il Panthéon».
Corriere della Sera, 14 ottobre 2013)