9 Aprile 2016

Zaha Hadid: grande donna e archistar

di Stefania Giannotti

Zaha Hadid è stata una grande, coraggiosa, inarrestabile, potente donna. Apprezzabile è la sua capacità di aver vissuto in questo mondo con presenza e forza. “Quante volte ho pensato o ho sentito dire ‘non lo fare, è troppo difficile, non puoi farcela, non vincerò mai’. Ci vuole fiducia in se stesse e persone intorno che ti sostengano. Spero di essere di ispirazione per le architette che verranno”. Ho letto questa affermazione su facebook, grazie ad una traduzione di Labodif, e lo spero anche io.

 

Ma Zaha Hadid è stata anche una archistar, anzi il prototipo, il vertice della categoria e le sue architetture mirabolanti ne pagano a volte lo scotto, e la città e i suoi abitanti un prezzo che non possiamo nè vogliamo più pagare. Le virtuose o virtuosistiche architetture degli ultimi decenni lasciano spesso in una dimensione dimenticata gli elementi di una nuova possibile civiltà urbana: il primum vivere, la relazione dell’habitat con i corpi viventi, lo stretto e ormai indispensabile rapporto della bellezza con la misura dell’ecologia.

 

Zaha è stata donna di poche parole e di molte opere. Più brava a comunicare con queste che con le parole. Ma questo non lo si può chiedere o pretendere da un’artista, artefice di opere d’architettura.
Ecco di seguito le più suggestive e significative risposte all’intervista di Alain Elkann La natura mi ispira, ma guai a ignorare la forza di gravità del marzo 2015 e l’articolo di Katia Riccardi L’addio alla regina dell’architettura Zaha Hadid: da Londra a Roma così ha disegnato il futuro del 31 marzo 2016.


da “La natura mi ispira, ma guai a ignorare la forza di gravità”

Lei insegna in importanti università di tutto il mondo, da Harvard a Vienna.

«Ho sempre pensato che l’insegnamento fosse molto importante. Impari da ciò che insegni e mostri che si possono ottenere risultati al di là di quelle che si pensava fossero le possibilità».

Cosa insegna?

«Non credo che si possa insegnare l’architettura: si possono solo ispirare le persone».

Il buon senso è una qualità essenziale nel suo lavoro?

«Per sapere dove sono i limiti, ma, detto questo, penso che sia importante che le città abbiano grandi opere: le città dovrebbero investire in una buona organizzazione spaziale. Di orribili edifici a basso costo se ne vedono fin troppi».

Le sue sono forme artistiche?

«L’architettura è semi-artistica, ma ci si ispira al paesaggio, alla biologia e a tutti gli esseri viventi. Oggi si può essere più ambiziosi: si possono fare grandi esperienze spaziali, ma una cosa che non è cambiata è che abbiamo a che fare con la gravità. Stiamo con i piedi per terra. Ho imparato da un grande ingegnere, Peter Rice, a capire la logica della struttura». 


(www.libreriadelledonne.it, 9/4/2016)

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