7 Giugno 2008

Incontro su Frida Kahlo

trascrizione a cura di Serena Fuart

Frida Kahlo ha un’assoluta libertà nell’usare i mezzi espressivi che le servono quindi passa dalla parola scritta, alla poesia, allo scarabocchio, allo schizzo, alla macchia anche al collage. Le sue opere principali raffigurano lei stessa e sono state realizzate grazie ad uno specchio appeso nella sua camera in cui si rifletteva negli anni della sua infermità. Di lei, delle sue opere, del suo diario si è parlato nell’incontro alla Libreria delle donne, sabato 7 giugno.

Donatella Franchi: “vi presento con piacere Cristina Secci autrice della ricerca sul cosidetto impropriamente diario di Frida Kahlo, un’opera estremamente densa, ricca di pensiero e di colore di questa artista che è conosciutissima e celeberrima che, appunto per il battage pubblicitario che è stato fatto su di lei, si è un po’ allontanata dal senso profondo che l’arte ha avuto per la sua vita. Quindi è molto interessante questa ricerca appassionata di Cristina perchè ce la restituisce in qualche modo. Frida Kahlo è un’autrice che mi suscitava un senso di turbamento per la crudezza, per il suo modo di avvicinarsi alle tematiche del dolore, della morte. Tempo fa mi sembravano molto crude. Insomma il panorama delle artiste è così vario che non era quella che mi piaceva di più. Devo dire che attraverso la ricerca di Cristina, tutta centrata sul diario, l’opera che è impropriamente chiamata diario, questo lavoro me l’ha come restituita, è stata un’occasione per reincontrare l’artista e guardarla con uno sguardo diverso. Io ho sempre amato moltissimo “I libri d’artisa” che sono un mezzo espressivo molto usato dalle artiste contemporarenee: nel museo delle donne di Washington c’è un’intera collezione gigantesca di questi libri e l’anno scorso ne è stata fatta una mostra grandissima. Il libro d’artista è un mezzo espressivo estremamente libero: come tecnica espressiva è una mescolanza assoluta di parole, pittura, collage, fotografia come quei grossi diari che usano le studentesse a scuola che sono farciti di immagini, di fotografie dove scrivono i loro pensieri ecc. Mi ha colpito nel procedere di Cristina il fatto che lei avesse bisogno inizialmente di classificare quest’opera e ha incominciato a farlo prprio elencando che cosa quest’opera non è: non è diario, non è autobiografia, non è quei tipi di brogliacci che usano gli artisti per mettere gli appunti che poi svilupperanno nelle loro opere, non è un’agenda. Allora cos’è? Cristina riesce a trovare pace collocandolo nell’autoritratto letterario: la parola è completamente mescolata alla pittura, alla parola dipinta, alla parola che si sovrappone che si confonde nell’immagine quindi è letterario fino un certo punto. Comuque è un autoritratto e mi viene in mente che l’autoritratto letterario è un’invenzione delle Preziose del Seicento anche loro grandi inventrici e grandi iniziatrici. L’autoritratto letterario sfugge alle catalogazioni, come dice, anche perchè è un’espressione estremamente libera che non segue un ordine cronologico. Il fatto che lei non riesca a imbrigliare a classificare quest’opera di Frida Kahlo ci mette già sul chi va là. Che cos’è quest’opera? E’ inclassificabile. Perchè dice qualcosa che non era mai stato detto prima. Frida Kahlo è una grande avanguardia della prima metà del Novecento e si vede in questa sua opera di cui ci parla Cristina Secci. Il suo saggio è un dono perchè ci introduce, ci rivela lo spessore di un lavoro che precede moltissime tematiche e pratiche artistiche delle donne degli anni ’70 che vengono riprese anche nella contemporaneità dall’ultimissima generazione di artiste. E’ una mescolanza assoluta di stili di linguaggi di tecniche espressive dove troviamo anche un grande impegno civile un grande senso di responsabilità politica. Spesso si può ritrovare che nelle opere delle artiste contemporanee che partono dal loro presente, uno sguardo critico, stravolgente e disturbante e attraverso le loro opere visive che siano video, cinema, pittura, scultura, c’è una grandissima libertà espressiva perchè utilizzano liberamente i mezzi che servono loro per dire dire quello che devono dire. Non si sentono imprigionate in stili, in correnti, utilizzano quello che a loro serve. Questa è anche una caratteristica di Frida Kahlo, un’assoluta libertà nell’usare i mezzi espressivi che servono quindi passa dalla parola scritta dalla poesia allo scarabocchio, allo schizzo, alla macchia e anche al collage, e attraverso questa spregiudicata mescolanza di linguaggi riesce a dire delle cose che non erano state dette prima, a togliere dall’inespresso il rapporto con il proprio corpo, con la sessualità, l’erotismo visto dal punto di vista di una donna con la nascita, con il parto. Nei suoi quadri Frida Kahlo è riuscita a togliere dall’inespresso delle cose come il parto, la morte, la sofferenza come nessuno era riuscita a fare prima. Forse questa visione cruda (lei dipinge anche dei feti) mi sembrava un eccesso, mi disturbava. Invece partendo dal diario ho come avuto accesso in modo più libero alla sua pittura più conosciuta, quella dell’autoritratto. Dicevo che Frida precede le tematiche che vengono sviluppata nella contemporaeneità come quello dell’autoanalisi attraverso il corpo, dell’utlizzo del corpo come luogo di riflessione e di analisi, il suo è un corpo sofferente. Lei non ha paura di parlare della sofferenza e della morte che è un tema tabù spesso nella nostra contemporaneità. In questa immagine che Cristina ci propone più di una volta nella sua ricerca, (mmagine inedita) si vede la sua persona riflessa in uno specchio quello che sua madre le aveva fatto incastonare nel baldiacchino del suo letto dopo il gravissimo incidente che aveva subito quando aveva solo 18 anni, un incidente che l’aveva massacrata, costretta a letto per lunghissimi mesi. La madre ha questa genialata di metterle lo specchio in modo che lei si potesse guardare. E’ una cosa un po’ misteriosa questo gesto della madre, ma che comunque diventa un grande stimolo per la creatività della figlia, infatti Frida guardandosi riflessa inizia un lungo viaggio che è durato per tutta la sua vita: il corpo a corpo con la sua immagine, con le sue tante immagini che hanno determinato la sua arte, un modo di esprimersi che continuerà per tutta la vita. Un’autoindiagine, un’autoanalisi che parte dal proprio corpo e che la rende una figura emblematica a mio modo di vedere, come tutte le artiste che hanno operato una rottura nel modo di fare arte che è quello di essere assolutamente aderenti alla propria esperienza, partire dalla propria esperienza e rimanere fedeli a questa senza utilizzare delle immagini create da altri. La storia dell’arte è piena di immagini femminili create da uomini. Lei, donna colta, fa piazza pulita da queste immagini e parte dalla propria esperienza modificando quelle che le vengono trasmesse dalla tradizione, le usa per se trasformandole. Lei si trova a tu per tu con la propria immagine, immobile per molti mesi e inizia questo corpo a corpo con se stessa, parte soltanto dall’immagine sua; dal creare immgini sue. A parte questo periodo di immobilità Frida è una donna che ha vissuto moltissime esperienze per la sua breve vita, è morta prima di compiere cinquant’anni però nonostante le sue infermità, ha viaggiato ha avuto un sacco di amori quindi non è rimasta tutto il tempo a contemplarsi in questo specchio, anche se questo rapporto di autonaslisi attraverso il corpo è durato per tutta la vita. Percorre il modo di fare arte di tante artiste degli anni settanta per questo suo rapporto con il corpo, lei non si esprime soltanto attraverso la pittura utilizza il suo corpo anche nella vita quotidiana, nel modo di vestirsi, di portare i gioielli nel modo di pettinarsi come se fosse una performance quindi continua a caricare il suo corpo di linguaggio e di messaggi. Per esempio una cosa un po’ eccessiva, come tutto in lei, in questo terribile incidente che ha avuto deve subire un’aputazione, le tagliano un pezzo di gamba dal ginocchio in giù e lei si mette al posto del pezzo di gamba mancante uno stivaletto rosso pieno di sonagli. Anche lì trasforma una tragedia, una cosa da cui non si riprenderà più, la trasforma in una forma espressiva e così tutte le varie operazioni. Trasforma tutto quello che lei vive in qualcosa attraverso il quale si esprime qualcosa che fa circolare che la mette in dialogo con gli altri”.

Maria Nadotti: “ci sono molte storie da raccontare su questo dirario autoritratto. Tenete conto che Frida Kahlo nasce nel 1907, anche se dice di essere nata nel 1910 per essere coetanea della rivoluzione e muore nel 1954. Il diario o ritratto intimo lei comincia a scriverlo negli ultimi dieci anni della sua vita. Perchè? Il diario viene tenuto gelosamente sotto chiave fino al 1993 più o meno in una teca di vetro, sta aperto su due pagine dentro la sua casa che diventa museo. Succede una cosa molto strana: noi sappiamo tutto di Frida Kahlo che ci piaccia o non ci piaccia, tutto da qualcosa che è davvero la sua autobiografia che è la sua opera pittorica è il racconto di sé di Frida Kahlo. Non solo il racconto di sé ma è anche una grande opera pittorica, però è un’opera pittorica che sceglie di mettere al centro della sua narrazione una vita la sua e il suo spropositato amore per un uomo e tante altre cose ma sostanzialemnte questi due temi: il suo corpo innamorato, il suo corpo doloroso, e in mezzo a queste due cose la storia del Messico: c’è tutta. Quindi è interessante ragionare su che cosa produca la pubblicazione che ad un certo punto avviene prima in Messico, negli Stati Uniti poi in tutto il mondo di quello che appunto viene defintito un diario e appunto questo diario non ci dice assolutamente niente di più di quello che già sapevamo. Ci dice però di una fase della vita di questa donna, una fase in cui evidentemente c’è un impulso forte a usare la parola più che l’immagine ma usarla in modo visivo. Che cosa sono le parole? Su questo diario c’è tutta una spy story. Io cominciai a occuparmene nei primi anni Novanta e per vedere questo diario, toglierlo dalla teca e sfogliare le pagine. Dovetti passare attravero Dolores Olmedo che, essendo stata una mecenate di Diego Rivera (per cui se andate nel museo Dolores Olmedo di Città del Messico che adesso è aperto al pubblico come museo troverete una pletora di opere di Diego Rivera tra cui delle meravigliose che non si vedono altrove perchè lei molto gelosamente se le teneva e varie opere di Frida Kahlo). Passando attraverso di lei ma facendo anche dei giri che solo il Messico ti consente, io riuscii a sfogliare questo diario e scoprii oltre tutto che oltre a essere rimasto molto segreto è monco non ci sono tutte le pagine, ce ne sono alcune non ce ne sono altre, prima o poi salteranno fuori come stanno saltando fuori alcune opere di Frida Kahlo di cui non si sa bene se siano autentiche o meno. Insomma Frida Kahlo anche post mortem continua a produrre. Pare che lei, regalasse, strappasse fogli, pare che motle pagine siano state eliminate perchè lei diceva cose scomode per troppa gente. Ho notato anch’io questa cosa interessantissima che diceva Donatella. Sembra che il movente di Cristina Secci a scrivere il suo saggio sia tentare di classificarlo di metterlo dentro un genere. Io penso che una delle cose più interessante da fare nella vita sia uscire dai generi e anzi proprio dire che questa gabbia dei generi fa male, fa male a tutti, non solo alle donne, mi sono detta come mai questa giovane donna ci tiene così tanto a dire è quella cosa lì e in più curisoamente non riesce neanche a rispondere. Ti proprongo un’ipotesi perchè se ne possono fare tante. Non sta dentro un genere e poi è troppo monco per riuscire. Riguardandolo interaemente dopo aver letto il tuo saggio mi sono accorta che sostanzialemnte questa dal punto di vista della scrittura è un’incredibile lettera d’amore, è un’ossessiva lettera d’amore. Non è certamente un diario ma non è nenache un autoritratto perchè lei si era già autoritratta e in più lo aveva fatto in un modo interessantissimo: l’autobiografia pittorica di Frida Kahlo che è tutto meno che naif. Lei è una coltissima è una che conosce molto bene l’arte europea, conosce tutto, è moglie anche di un grandissimo artista, nella sua casa circolano i migliori artisti del mondo, il Messico non è assolutamente terzo mondo non lo è mai stato. Il Messico è uno dei paesi più accoglienti negli anni tra le due guerre per cui è un capolinea per tutti quelli che devono scappare dall’Europa quindi lì circola molto cultura molta intelligenza. Per cui quando Donatella diceva Frida Kahlo racconta per prima cose che non sono mai state raccontate, io aggiungerei che Frida Kahlo non solo racconta delle storie nuove perchè racconta la storia di un corpo femminile invece di lasciarlo raccontare, se lo racconta in modo esibizionistico come se facesse del voyerismo su se stessa e con molto narcisismo, ma l’altra cosa che Frida Kahlo deve fare è mettere in chiaro che lei è una pittrice a pieno titolo, con la P maiuscola, ma non è soltanto svantaggiata dal fatto di essere una donna è svantaggiata dal fatto di non essere europea però è avvantaggiata e lo dico nelle due direzioni perchè essere una donna messicana le da due grandi vantaggi, di questo terrei molto conto nel parlare di lei. E un’ altra cosa che va detta alla nausea: Frida Kahlo, se si vuole fa da capostipide a un filone di arte contemporanea, cioè mette al centro della sua opera il corpo femminile suo totale nel bene e nel male però lo tratta come potrebbe trattare moltissime altre storie quindi fa un’operazione molto complessa e molto articolata e molto controllata. Infatti la prima lettura dei quadri di Frida Kahlo è un po’ come diceva Donatella: orrore, ripugnanza, ‘non voglio vedere’ ‘chiudo gli occhi’ o l’altra che è stata di numericamente maggiore che è stata di identificazione assoluta, finalmente una donna che ci racconta che racconta noi donne altro grande imbroglio perchè ci sono tanti modi di raccontarsi lei ha scelto un modo che apparentemente è totalemtne vittimistico sacrificale fa vedere il dolore fa vedere i cicli durissimi della fisicità e della biologia femminile, ma dall’altra parte, questo è l’elemento per me di grande interesse, lei è un occhio che guarda quel corpo quindi lei ha totalmente il controllo dell’operazoine. E’ lei che decide come si racconta il suo corpo. Lei è una straordinaria donna di teatro assoluto, lei ha una regia perfetta di quello che fa e poi ha mestiere per farlo. Nell’autoritratto-diario, quello che sia, forse lì da un certo punto in avanti però non saprei, è molto privata questa cosa mentre tutto il resto la sua opera pittorica va da sè, è fatta per esser guardata. Lei allora fa un’operazione interessantissima: lei chiede a tutti noi di guardare quello che lei ha deciso di far vedere di sè, mentre su questo testo forse lì…non essendo completo non essendo disponibile è molto bella la pubblicazione di questo diario perchè proprio questo è il formato quello che c’è a città del Messico, una copia anastatica non è così lustro ma è esattamente così la carta è più sottile è più fragile però mancano ancora delle cose. Ho delle domande: come sei arrivata a Frida Kahlo? E poi perchè partire da qui e perchè quella voglia di classificare?

 

Cristina Secci: “gli stimoli sono talmente tanti. In realtà per me le domande sono la maniera per approfondire il testo e dunque parto da una formazione di tipo letterario e quindi non ho affrontato inizialmente il testo come visivo, la parte visiva mi ha poi catturato. Il diario è un’opera che lei inzia a scrivere tra il 42 e il 44 che porta avanti sino alla sua morte ed è un quaderno rilegato in pelle sul cui dorso ci sono queste due inziali che erroneamente sono state definite come le sue iniziali. In realtà sono j k e si tratta di un quaderno che un amico le ha regalato a New York e su cui lei comincia a scrivere. Le pagine io le definirei tavole per l’abbondanza visiva e pittorica. Ho affrontato il testo come singole domande. Perchè ha dipinto questo dal 1916? Un’ipotesi di risposta ho provato a darla per cominciare a capire come ho lavorato sul diario che non è un lavoro nè definito nè completo. Una possibile risposta sta proprio in questo stato di infermità, di malattia però c’è una malattia forse più importante nella sua biografia meno utilizzata che è la poliomilite a sei anni per cui Frida comincia ad avere problemi alla sua gamba destra che poi risulterà ulteriormente disturbata, messa alla prova del suo incidente sull’autobus a 18 anni. Quindi 1916. Come diceva Maria è nata nel 7 ma si attribuisce il 10 per sentirsi vicina alla rivoluzione messicana, quindi a mio giudizio è nel 1916 che inizia il diario come percorso o come autobiografia di sofferenze. 16-6, gli anni della poliomilite, fa 10 secondo la nuova cronologia di Frida Kahlo lei nasce nel 10 e nel 16 inizia la sua storia di vita che è una storia di sofferenza. Se osservate la foto il corpo è scisso va da una parte all’altra è un corpo spezzato un po’ sofferente quindi in qualche maniera sta già tracciando una nuova cronologia perchè uno dei problemi di questo chiamato diario è la cronologia. Le date non esistono sono pochissime stiamo parlando di 10 anni, la maggior parte delle tavole non sono datate, a volte le date sono immesse successivamente per cui si vede una grafia diversa comunque dei colori diversi. Per cui uno dei primi problemi sta proprio nella nuova cronologia. Un diario di per sè, in questa mia ansia di catalogazione, ha delle date perchè un diario è un’opera che si scrive non tutti i giorni ma quasi. Comunque la scadenza quotidiana ha la sua importanza invece quest’opera sembra voler rompere: occupa diec’anni, che non sono pochi, per quest’opera.
Sul punto donna di teatro. E’ vero, una grande teatralità questo personaggio. Sul fatto che si tratti di un’opera privata inserisco dei dubbi nel saggio. Lei lo leggeva, lo leggeva agli amici, alle cene. In uno dei tanti video su di lei, si vede Frida Kahlo sul letto che stringe il suo diario, lo apre e in qualche maniera, lo usa teatralemnte quindi lo sta già mostrando, sta perdendo il suo valore di privato. Non è un’opera privata. Sviluppa la sua interiorità quindi come tale privata perchè l’interiorità ha questo carattere però come opera di per sè smette di essere privata quando lo legge un pubblico.
Quale corpo femminile mette lei? Lungo tutta la sua opera pittorica fa un’autobiografia di se stessa inserisce la propria immagine però entra un elemento in più che è lo specchio. Questo autriritratto dove lei rivela in maniera abbastanza chiara in questa relazione in cui inserisce il cartiglio in cui scrive. Utilizza lo specchio che è un elemento comune in qualunque pittore che lavora su un autoritratto. Questo quadro che è un quadro che ormai non esiste più e questa è una delle poche foto che esistono per me è stata una delle chiavi di lettura dei diario. Io non sono un’esperta della biografia di Frida Kahlo non ho voluto aggiungere perchè la sua è una biografia completissima non c’è altro da aggiungere l’ho utilizzata per leggere quest’opera. Quando leggevo la biografia dicevo: la poliomilite, l’incidente quindi la gamba che sta male è la gamba destra. Poi guardavo il quadro è vedevo la gamba sinistra. Bisogna capire che è lo specchio che ha la caratterista dell’antiomorfismo ha cioè la capacità di modificare l’immagine e sostituire destra e sinistra di ribaltare l’immagine. Quindi nel momento in cui Frida Kahlo utilizza lo specchio prende, ruba l’immagine dallo specchio che è un altro io non è più lei. Sullo specchio hanno lavorato in tanti per me è stato un grande sostegno il lavoro di Eco. La cosa importante è non inserirsi nell’immagine. Se io cerco di entrare dentro il quadro non ho questo cruccio tra destra e sinistra, però io l’ho fatto. Probabilmente questa diventa una delle spiegazioni del quadro che forse è il più conosciuto ‘Les dos Frida’ – le due Fride. Lei sviluppa una sorta di teoria, una regola matematica sullo specchio. Se noi entriamo quella sera lì in cui Frida Kahlo stava dipingendo le due Fride dentro la stanza immaginando fisicamente la stanza quante sono le Fride? 4. Una è la Frida reale, cioè la referente che dipinge; un’altra diversa dalla precedente è quella allo specchio, l’immagine è cambiata anche se è lei è comunque cambiata, le altre due sono le Frida che lei dipinge sdoppiando quasi riproducendo quella vitalità in quella stanza quella molteplicità in quella stanza. Sul diario c’è un’interessantissima lettura su questo quadro e una delle poche tavole in cui lei fa realmente un discosrso chiaramente autobiografico di ricostruzione autobiogrfica per cui segna a date fa un certo percorso. Si raffigura lei bimba e racconta di come lei nella casa in questo caso incredibilmente rosa, perchè la sua casa aveva le pareti azzurre, si avvicinasse alla porta finestra da bimba e alitava sul vetro della finestra. Incontra questa bambina che lei dice della sua stessa età e continua ‘non so quanto tempo sono stata lì a giocare con questa bambina’, c’è l’assenza del tempo. Dice ‘ so che lei era silenziosa’ la silenziosità è la caratteristica dello specchio e che ballava. Ma perchè ballava? Eco e con lui tanti sostengono che lo specchio è una superficie modificabile. Specchi sono diverse cose: possono essere anche un vetro della finestra, a tutti è capitato di specchiarci in una vetrina quando passiamo per strada. Se io prendo la finestra e la muovo, provoco uno spostamento, una danza dell’immagine che c’è riflessa, allora realmente, questa è la mia lettura che non è quella definitiva ovviamente, ha una familiarità con lo specchio che sviluppa sotto diversi punti di vista e anche queste pagine del diario sono una spiegazione di quest’altro. Io di quest’altra immagine per questo comincio a dubitare sul fatto che sia un’opera privata o sul fatto che realmente raffiguri se stessa, rappresenta un’immagine di sè alterata dallo specchio e su questo non c’è nulla di male. Tornarndo per concludere, lo specchio è una protesi perchè ci aiuta a vedere l’immagine che di noi altrimenti non potremmo vedere. Perchè noi siamo capaci di vedere il nostro corpo dall’alto in basso e Frida Kahlo con la protesi aveva familiarità. Lo specchio diventa il mezzo per aiutare a raccogliere la propria immagine. Però non finisce lì perchè in alcuni casi Frida Kahlo ha un rapporto diretto con il suo corpo. C’è un quadro che è ‘Ciò che l’acqua mi ha dato’ in cui si raffigurano i suoi piedi in una vasca da bagno in cui galleggiano una serie di personaggi e il piede destro presenta come una sorta di ferita una fessura piccola ma terribile da cui goggiola sangue in quel caso la visione dell’arto è diretta per cui riassumendo: quando lei utilizza le figure a corpo intero, e non sono tantissimi i quadri in cui lei può fare questo tipo di lavoro, la maggior parte delle volte si raffigura a mezzo busto, quelli a corpo intero ci danno spia dell’utilizzo di questa immagine alterata di se stessa, è lei alterata da un mezzo esterno che è lo specchio. Altre volte invece l’impronta è diretta per cui quando rappresenta il piede in maniera diretta riconosco che è il piede destro. Frida Kahlo è lucidissima: sa benissimo quello che fa per cui il cuore lo mette a sinistra. Ci sono degli schizzi in cui appare il piede sinistro quindi ha usato lo specchio, piede sinistro fasciato e in quel caso il cuore lo mette a sinistra per cui lei sa dov’è il cuore lei entra nell’immagine avrebbe in teoria, intelligente e colta com’è, la possibilità di elaborare il suo autoritratto a prescindere dallo specchio. A mio giudizio sceglie di utilizzare lo specchio perchè sa che in qualche maniera modifica l’immagine. Tornando al diario una delle tavole che mi ha dato più mal di testa è questa: è un’opera tra scrittura e pittura le grafie si sovrapongono, cambiano i colori. Nelle prime pagine scrive in maniera molto pulita sembrano comunque delle associazioni poetiche un po’ sul filone surrealista che lei copia. Sono ordinate sono ben messe poi lentamente quest’ordine si scioglie, si frammenta o va in pezzi per cui comincia a sovrapporre grafia su grafia, cancella riporta ci ritorna dopo diversi anni ci riscrive sopra, non ha regole. Quest’ordine progressivo si sporca di colore, è scivoloso sulla scrittura. Sempre parlando di piedi, il piede destro, quello malato, appare più grande più in evidenza. E c’è qualcosa in più e questa è una chicca per chi lavora sulla teoria della letteratura. Dentro questo fuoco con la stessa funzione di immagine ma anche con la funzione di grafia si legge: impronta di fiamma. Per me il cuore del diario nel senso di relazione pittura letteratura scrittura immagine è questa: la parola che allo stesso tempo funge da immagine ma trasmette il suo significato letterale è la stessa cosa: è immagine e parola e in varie tavole si vede questo cioè la grafia usa il pennello e usando il pennello dipinge. Non è più solo scrittura, è scrittura e pittura nello stesso tempo. E’cosciente di questo. Io putroppo non sono ancora riuscita a vedere il diario recentemente anche parlando con Ilia Truchilio che è la direttrice del museo di Frida Kahlo credo che manca solo il presidente del Messico per aprire quello scrigno di vetro. Già sarebbe un passo poter prendere queste immagini e sezionarle. Ho questo sogno spero che si possa realizzare: di sezionare tavola per tavola anche al computer per vedere i diversi strati di grafia.
Tra le ultime tavole questo pesante ‘Angelo con gli scarponi’ che lei realizza poco prima di morire.
Sono diverse scritture e diverse grafie”.

 

INTERVENTI

 


Katia Ricci: “Frida Kahlo è un’artista che a me è sempre piaciuta moltissimo anche perchè ho lavorato su di lei a scuola quando insegnavo con le ragazze e i ragazzi. Alle ragazze è sempre piaciuta moltissimo perchè evidentemente, nonostante i dolori e le sofferenze, era un’artista che comunicava e comunica molta forza. Si può scegliere per la propria geneaologia. Poi spesso a loro davo da fare delle riflessioni magari usando elementi come il colore oppure dicevo di sintetizzare un pensiero appunto in colore, in un oggetto in un segno e ricordo che un anno dopo le vacanze avevano portato proprio un diario sulla falsariga di quello di Frida Kahlo. Mi è anche piaciuto molto il fatto che stasera si sia parlato della sua arte e non solo della sua biografia che è spesso è sovrabbondante e soffoca un po’ la sua arte. Invece penso che sia una grande artista per le invenzioni di cui parlava Donatella per il fatto che lei anticipa tante cose che in un periodo in cui lei era circondata da questi pittori anche grandi come Rivera ecc. che erano tutti versati sul piano dell’impegno civile e politico inteso come rivoluzione. Lei è una che ha detto delle cose molto interessanti non soltanto su di sè ma appunto attraverso sè sulla vita, sul mondo, quindi mette insieme il livello della realtà del partire da sè con l’universalità e riesce a fare questo lavoro. Mi sembra che questo sia molto interessante ed è anche quello che arrivava alle regazze e ai ragazzi. Devo dire più alle ragazze, i ragazzi erano un po’ disturbati specialmente riguardo opere come ‘la mia nascita’ oppure ‘l’aborto’, era qualcosa che li disturbaba veramente molto. E appunto c’è questa sua capacità mi sembra anche da quello che avete di essere la protagonista delle storie che racconta ma anche la narratrice attraverso una serie di strategie e di modalità. Lo specchio, la presenza stessa dello specchio è un modo in cui lei riesce a sdoppiarsi e quindi a rappresentarsi anche dal di fuori. Vedersi dal di dentro e dal di fuori nello stesso tempo perchè è come una finestra, un varco che mette insieme l’interiorità l’interno e l’esterno. Quindi questo lavoro è interessantissimo: essere la materia della sua pittura e di trasformarla nel linguaggio perchè la cosa importante è che lei lavora sul linguaggio, come diceva poi Donatella con una storia dell’arte pienissima di figure femminili. Ma questa rappresentazione di immagini di sè che certo ci sono anche in molte altre artiste però con modalità qui assolutmante nuove come rappresentazioni della nascita che è qualcosa di estremamente interessante”.

 

Cristina Secci: “9 novembre 1951: bambino, amore, scienza esatta. Volontà di resistere vivendo con allegria, gratitudine infinita, occhi nelle mani e tatto nello sguardo. Limpidezza e tenerezza che dà frutti. Enorme colonna vertebrale che è la base di tutta la struttura umana, vedremo e impareremo. Ci sono sempre cose nuove sempre legate a quelle antiche, vive a quelle alato mio Diego mio amore di migliaia di anni.
Fadga, Ieramica, Frida, Diego un altro: “sono le sei del mattino e i tacchini cantano. Calore di umana tenerezza, solitudine in compagnia, mai in tutta la vita dimenticherò la tua presenza. Mi hai raccolta che ero a pezzi e mi hai reso intera, integra in questa piccola terra dove volgerò lo sguardo così immenso così profondo non c’è tempo, non c’è più nessuna distanza, c’è solo realtà ciò che è stato è stato per sempre. Quel che rimane sono le radici che si affannano trasparenti trasformate in un eterno albero da frutta. I tuoi frutti danno già gli aromi i tuoi fiori danno il colore crescendo con l’allegria dei venti e del fiore cancellato e la tua allegria. Nome di Diego, nome d’amore. Non lasciare che abbia sete l’albero che tanto ti ama, che fece tesoro del tuo seme, che cristallizzò la tua vita alle sei del mattinio. Tua Frida, 8 dicembre, 1938, età 28 anni.

 

Ci sono due elementi che si ripetono. uno è il nome di Diego, l’altro è una negazione: spesso inizia le tavole con una negazione, a volte dice non vorrei, non vorrei questo non vorrei l’altro, oppure dice direttamente no.”

 

Maria Nadotti: sul fervore politico: “si deve tenere conto del fatto che ero stata malata da quando avevo sei anni e per periodi molto brevi della mai vita ho veramente goduto di buona salute e sono stata inutile al partito. Ora nel 1953 dopo 22 interventi chirurgici mi sento meglio e di tanto in tanto potrò aiutare il mio partito comunista anche se non sono operaria, solo artigiana e alleata incondizionata del movimento rivoluzionario comunista. Per la prima volta in vita mia la mia pittura cerca di sostenere la linea tracciata dal partito: realismo rivoluzionario. Prima sono stata soltanto la mia più antica esperienza…sono solo una cellula del complesso organismo rivoluzionario dei popoli per la pace e dei popoli nuovi sovietici”
Attorno il suo letto nella casa azzurra aveva dei ritratti di Marx Engels e Stalin e anche qui compare ricompare perchè lei si trova in uno snodo politico…a lei interessava sul serio la politica però la faceva per interposta persona cioè il politico della situazione era Rivera. Ci fu quel lungo periodo in cui prima del famoso ponteruolo in cui Trotksy stette per un po’ a casa loro poi in una casa vicina tipo bunker che non bastò. E Frida Kahlo, personaggio interessante in questo senso, si faceva coinvolgere in effetti ma ebbe una storia d’amore con Trotsky. Frida Kahlo ha avuto un momento gloria molto tempo fa negli anni 40 addirittura alla fine degli anni 30 poi è scomparsa in un buco nero da cui è stata tolta perchè non bisogna dimenticarsi mai che chi fa il lavoro artistico sa cos’è il mercato: la famosa Dolores Olmedo proprietaria di molte opere di Frida Kahlo e di molte opere di Diego Rivera un certo punto decide che Frida va lanciata. E’ lei che rende possibile la prima mostra in giro per il mondo perchè presta le sue 23 opere. E poi lì è un crescendo.
Ci sono manoscritti, una grandissima collezione di foto, appunti sui libri che lei usava parecchio prendere appunti, a parte i già noti quaderni della casa dei conti, era una bravissima amministratrice della casa. Quindi adesso secondo me è un momento importantissimo e tra l’altro il museo, che non gode di moltissima economia nonostante le visite numerosissime, sta cercando di organizzare per i ricercatori un archivio digitale per cui tutti i materiali possono essere visionati.
I due musei Dolores Olmedo e Frida Kahlo il cui direttore generale è ancora il figlio di Dolores Olmedo lavorano a braccetto su questo. E’ un buon momento per andare in Messico e visitare il museo Frida Kahlo. Un’altra piccola parentesi: un altro punto fondamentale per i viaggiatori e non viaggiatori è l’altra casa, la casa studio di Diego Rivera. Sono due blocchi di cemento che ha progettato uno dei più grandi muralisti assieme ad altri messicani e l’architetto, Huamo Gorman nato lo stesso giorno di Frida Kahlo che ha avuto un grande rapporto con la coppia e che ha a mio giudizio progettato in architettura questa casa studio che sono due blocchi uniti da un ponte che è la raffigurazione della coppia. Questi porcospini che non si possono toccare perchè altrimenti si fanno male e che hanno questo ponte su cui ora non si può più passare. Questo ponte unisce due blocchi di cemento con i colori invertiti perchè sono rosa per Frida Kahlo e azzurro per Diego Rivera che secondo me è un punto da esplorare”

 

Donetella Franchi: “il rapporto con la politica di Frida Kahlo io penso che si possa astrarre anche dai singoli nomi. Perchè il messaggio che lei da adesso è che la pratica artistica è qualcosa di talmente legato alla vita che deve per forza esprimere l’impegno civile, l’impegno politico come dicevo all’inizio. Le artiste contemporanee esprimono attraverso le loro opere un grandissimo coinvolgimento in quello che succede nel mondo, uno sguardo critico intelligentissimo e rivelatore per cui la loro arte è piena di messaggi politici per cui Frida Kahlo sente che fare arte non è qualcosa di solipistico una soddisfazione narcisistica di una che sta lì a dipingere, è qualcosa che ti rende responsabile del tuo modo di collocarti nel mondo. Per quel mondo è una responsabilità che lei si prende poi lei in quel momento lì ha la visione idealistica del comunismo, di Stalin ecc però il messaggio che mi dà adesso è che il messaggio e la pratica artistica è proprio radicata nella vita a tutto tondo è il messaggio che dà è pensiero visivo, è pratica relazione ecc. Per quello che riguarda i rapporti amorosi lei è stata una grande amatrice, ha amato donne e uomini”.

 

Zina Borgini: volevo riportare l’attenzione sullo specchio perchè mi hanno colpito due cose: quando dici “La madre ha messo questo specchio non so perchè”. Io lo so: lo so perchè io ho sofferto molto di depressione quindi ricordo esattamente che quando ho cominicato a stare bene la prima cosa che ho fatto mi sono guardata allo specchio e ho preso coscienza di me attraverso lo specchio. Secondo me questa storia dello specchio è un continuo non interrompere il dialogo con se stessa che lei esprime poi con la pittura. E’ molto importante lo specchio perchè io ho avuto questa sensazione: la madre ha messo lo specchio per dirle “ci sei ancora, perchè tu ti annulli nel dolore nella depressione e non sai più chi sei e dove sei, quindi non è per cercare un’altra ma per ritrovare te”.

 

Pinuccia Barbieri: “Io amo le immagini e soprattutto quelle fotografiche. Io sono un’amante di Tina Modotti e sono andata in Messico sulle sue orme e ho fatto tutto un viaggio per tutto il percorso immaginando di essere Tina che durante la notte attraversava la Sierra con questa macchina. Stando in Messico per un lungo periodo sono stata a vedere la casa di Frida Kahlo e parlo di molti anni fa per cui non era così piena. Ho sempre sofferto a vedere le opere di Frida Kahlo in quanto forse sono molto forti per me. Quindi il mio stare dentro questa casa, vedere questo letto, lo specchio non riuscivo a capire, a immaginare come potesse stare sempre lì a guardarsi poi spostarsi a scrivere. Io ero più legata a Tina perchè una rivoluzionaria e non ho mai trovata in Frida Kahlo quest’anima di rivoluzionaria, ho sempre immaginato che lei fosse legata a questi uomini, a questo uomo che poi probabilmente ha rotto l’amicizia tra lei e Tina. Non era mai stata una donna simpatica, mi piaceva come pittrice la soffrivo nel contempo. Però trovavo c’era molta finzione. Non capivo perchè quando vado in giro per esempio ho visto la sua mostra in Francia poi a Milano e in Messico ho sempre trovato come se ci fosse un raccontarsi in finzione”.

 

Maria Nadotti: “Uno dei torti più grossi che sono stati fatti a Frida Kahlo è che si sono viste poco le sue opere e si sono viste molto le riproduzioni delle sue opere conditi da molti elementi biografici. Frida Kahlo al di là di quello che raccontava che è già è di per sè di un interesse assoluto perchè la forma del racconto suo è sbalorditiva ma quello che è ancora più sbalorditivo è il suo modo di dipingere di fare pittura, cosa che però puoi vedere solo se hai modo di stare davanti ai suoi quadri, abbastanza vicina ai suoi quadri. Hai bisogno di andare vicino e di starci a lungo perchè la pittura non la si può guardare sfogliando. Già con la fotografia c’è bisogno di andare lenti ma con la pittura devi proprio guardare e riguardare le pennelleate. Era semplicemente per invitarti a riguardare perchè purtroppo c’è talmente tanto feticismo su Frida Kahlo che non la vediamo. Una cosa che ci terrei a ricordare: quando la madre le mette lo specchio sul letto suo padre che era fotografo le mette in mano una tavolozza. Era un vero fotografo che per di più era specializzato in ritratti fotografici. Il suo mestiere era quello. Quindi Frida Kahlo aveva imparato molto a guardare e aveva imparato a guardare il ritratto e questo le veniva dal padre e in più dal padre le sono arrivati alcuni strumenti materiali. Il rapporto con la madre non era proprio sereno ma non voglio ritornare dentro la biografia di Frida Kahlo perchè secondo me le ha fatto male. Mentre noi abbiamo avuto nel 95, devo raccontare un piccolo aneddoto: io mi ero molto affamiliata a Dolores Olmedo perchè avevo capito che per avere una mostra per Frida Kahlo in Italia dovevamo passare da lei, dalla gangster. La chiamavano tutti così perchè aveva fatto delle cose sporche: aveva accumulato una ricchezza spavantosa facendo la prestanome per traffici…lo dico perchè mi è stato detto da tutti quelli che la conoscevano. Dolores Olmedo nel 95 sottoscrisse questo prestito alla città di Milano di tutte le sue opere e sbloccata lei si sbloccarono altre opere, una serie di opere. A quell’epoca avevamo la giunta Formentini per cui c’era D’averio come assessore alla cultura ma era l’unico uomo un po’ di cultura nella giunta per cui ricordo queste riunioni incredibili in cui mi invitavano a parlare dialetto milanese e io non lo so parlare ma la cosa lo dico perchè c’entra molto con la biografia e questo carico fetistico di elementi biografici. uno di questi mi disse che era uno scandalo fare a Milano, doveva essere a Palazzo Reale, fare una mostra di una pittrice in quest’ordine: baffuta, lesbica e comunista. Andammo molto vicino poi la cosa saltò. Secondo me la cosa fondamentale per restituire a Frida Kahlo tutta l’attenzione e la scoperta che si merita, l’unico modo serio è vedere e rivedere le sue opere non c’è altro modo e purtroppo alcune di queste opere che sono ormai a dei livelli di valutazione sul mercato dell’arte tali che alcuni dei proprietari di una o due tele preferiscono tenerle nel cavò della banca di Buenos Aires che prestarle. Perchè appunto uno degli elementi per cui questo diario non lo fanno vedere con facilità è che il valore originale di questo diario è megagalattico”.

 

Una donna: “E’ interessante la questione dell’apertura dei bagni perchè per tanti anni i bagni sono rimasti chiusi, per cinquant’anni, ed è stato sottoscritto da Diego Rivera. Io sono da un lato anche d’accordo, mi piacerebbe lavorare direttamente sull’opera. Certo sono d’accordo perchè c’è una certa cura che poi questa cura vada verso il consumismo, il feticismo questo è un altro discorso però la cura dell’oggetto diario proprio alla luce della storia del diario per cui delle pagine strappate da Frida Kahlo e regalate o per esempio nella casa studio di Diego Rivera c’è una delle pagine del diario separata dall’originale però proprio in questa sua fragilità delle pagine io sono d’accordo ed è molto complesso. La stessa Ila Truchilo che è la direttrice del museo Frida Kahlo se mi dice che ha visto il diario una volta in tre anni e adesso ricordiamoci che le opere di Diego Rivera e Frida Kahlo sono donate al popolo messicano, per cui il diario penso che non possa uscire dal paese per volontà e per testamento di Frida Kahlo e Diego Rivera. Il Banco de Mechico è un organismo complesso per cui realmente è molto difficile sciogliere legalmente qualcosa che comunque è stato lasciato a livello di testamento anche se non se sia questa la parola esatta”.

 

Zina Borgini: “Una domanda. Io ho letto parecchio biografie. E qui lo chiedo come conferma o smentita. Non ho mai creduto nel grande amore di Frida Kahlo per Diego Rivera perchè Frida Kahlo si è messa ai piedi di Rivera con i suoi quadri lei è andata da Rivera a mostrare i suoi quadri non è andata da rivera a dire ‘oh dio come sono innamorata di te’. Il primo contatto che ha avuto perchè lo riconosceva come grande pittore, grande muralista che in quel momento era sull’onda e quindi forse sarebbe stata la persona che avrebbe potuto darle un giudizio sulla sua arte. Ma lei va a chiedere consiglio come maestro. L’amore è venuto dopo, se è venuto, però secondo me lei ha sempre cercato di usarlo, usarlo in modo positivo per me”.

 

Cristina Secci: “Io glisso perchè non sono capace di rispondere, so solo che ci sono due matrimoni che testimoniano un amore ci sono delle case condivise degli spazi condivisi delle attività politiche c’è una grande storia. E poi come si diceva giustamente Frida Kahlo ha avuto molti non solo amanti ma molti amori, femminili maschili, però glisso sulla domanda se qualcuno sa rispondere perchè è un grande dilemma però si rischia di ripetere quello che già si sa cioè tutto quello che secondo me si poteva speculare sulla biografia amorosa è stato ben detto da Aida Merrera e lì si trova tutto si trova la dimensione reale che poi scala sul sogno e mito perchè ci sta…io glisso”

 

Una donna: “Frida Kahlo scelga di raccontare la sua storia d’amore con Diego Rivera come una grande storia d’amore. Perchè tutta questa mitologia non ce la stiamo inventando le sue opere pittoriche molte di queste dicono che quello che fu uno straoridnario problematico amore, se non lo sapeva lei…”

 

Luisa Muraro “io ho fatto quello che tu hai suggerito: mettersi davanti i quadri di Frida Kahlo e guardarli, a una mostra che era a Barcellona. Quando ho visto questi quadri ero insieme Milagros Rivera, commentavamo, siamo state lì delle ore a veder questa mostra. Quando si vede questa specie di grande divinità con questo pupazzo in braccio che sarebbe lei con lui, sarebbe il Diego figlio, ma l’impressione era che non era quello, non è che lei volesse lì rappresentare un grande amore, un amore alla lettera. Lì voleva rappresentare una grande potenza femminile e lo mette in braccio a lei che poi altre volte abbia fatto diversamente può darsi secondo me io raccoglierei lo spunto che ha dato Pinuccia che ha parlato di finzione. Io non la chiamerei finzione ma anche guardando questi suoi scritti disegnati del quaderno, del libro d’arte, l’idea è questa: che lei non ha una pittura assolutamente espressiva ha una pittura altamente simbolica fatta secondo i linguaggi che le rispondevano della sua cultura pittorica. Lei non esiste, dopo la poliomenlite, dopo che con sua mamma non si volevano abbastanza bene, dopo quello avrà deciso lei, lei si continua a generare con la pittura ma anche vestendosi, truccandosi. Nel caso di lei mi pare che bisogna concedere un po’ sul biografico non bisogna fare tutto quello che state baracconando sui bagni così io non sono d’accordo quello è sfruttamento, quello è turismo va bene per far andare i turisti a Città del Messico. In questo senso l’aspetto biografico va bene, lei ha lavorato per darsi un’esistenza anche fisicamente con tutte quelle collane, tutti quegli aggeggi, ha voluto ripori e ricrearsi e che quindi la impressione di Pinuccia ha qualcosa di vero, siamo davanti a una fiction a una fiction che forse dico che c’è un segreto lì dentro. Sento che c’è un segreto dentro di lei. Anche l’amore per Diego, anche questo partito comunista lei deve fare queste operazioni e forse per una donna europea che è meno carica di simbolismi…Penso sia stata la cultura romantica esistenzialista ci ha resi sensibili di tutto quanto che lì non ci sia lì c’è come un salto in un universo che è morte sofferenza rituralità che è divinità tutta una traduzione che è così che affonda nelle radici della loro civiltà e per noi facciamo delle operazioni che vogliamo identificarsi e lei ci dice no, non possiamo e forse l’amore per Diego Rivera va preso come un feticcio certo lei lo rappresenta non come noi diremmo…almeno io quei quadrinche ho visto a Barcellona lei si sia rappresentata come una madre possente e mostruosa e minacciosa con questo muncolo che è un feto che sarebbe Diego perchè lei lo ha scritto sotto”

 

Cristina Secci: “E’ interessante anche la formazione di Frida Kahlo che spesso viene un po’ ignorata a parte la presenza del padre fotografo di governo, quindi stipendiato dal governo per lavori fotografici. In effetti Frida lo aiuta e poi per un periodo lavora per Fernando Fernandez che era un incisore per cui prima di arrivare allo specchio della madre e ai pennelli regalati o ceduti dal padre che lei racconta “glieli ho rubati, lui me li ha concessi”. Questi pennelli racconta anche in maniera abbastanza simpatica ci sono dei percorsi che indicano una pendenza artistica comunque anche una pratica perchè la pratica dell’incisore è una pratica consistenza motivata da una scarsezza economica, aveva bisogno di soldi per cui va a lavorare da questo incisore per cui ci sono diversi percorsi e ci sono percori anche dal punto di vista letterario per cui quando lei frequenta questa scuola elitaria tedesca dove sono molto poche le ragazze, lei partecipa all’attività politica, il famoso Alejandro che era il suo fidanzato con cui sale sul disgraziato autobus e scrive anche sui giornali. C’è un appunto di Frida Kahlo che a me sta molto a cuore perchè dice io non avrò la lingua di servantes…in qualche maniera ha familiarità le lettere che scrive e io insisto la scrittura che entra nei quadri. Per cui è veramente interessante soffermarsi sulla formazione perchè è si un’autodidatta però non tanto autodidatta. Il primo autoritratto che nasce da quei colori donati da quello specchio apposto sembra un po’ un Modigliani cioè c’ha un collo allungato rinascimentale bellissmo elengantissimo e io ogni tanto penso che probabilmente quello specchio aveva delle deformazioni che poi uno si ricorda dallo specchio della nonna per cui ti guardi e ti modifica in qualche maniera l’immagine perchè è relamente un’immagina allungata deformata già in qualche maniera specchio altro”.

 

Maria Nadotti: “E’ verissimo forse Cristina dovrebbe raccontarci un po’ di più. Il Messico è un paese unico non è latino americano è una cosa a sè. E’ verissimo che la pittura di Frida Kahlo è fortemente simbolica e lei fa dei giochi sulla messicanità, lei davvero si rappresenta come terra madre, natura, il suo sistema venoso sembra sia fatto come le radici della terra. Però quella cosa che si diceva e si continua a dire che lei finzionalizza tutto lei mette in scena, mette in scena il suo amore, tra l’altro mette in scena il suo amore per il precedente fidanzatino che lei ha, le lettere che lei scrive a questo Alejandro sono uno strazio. E’ la sua modalità d’amare però si può semplicemente dire che Frida Kahlo come finzionlalizza l’amore in qualche modo finzionalizza anche il Messico, questo lo penso da sempre perchè lei ha questa duplice provenienza: lei ha una madre proprio di lì che non ama e che non rappresenta quei valori di messicanità però sceglie di rappresentarsi in un certo modo per cui io non so se possiamo applicare questa cosa che dicevi tu, Luisa, perchè ci sono degli altri artisti messicani che si prestano di più. Perchè lei invece è di formazione europea e si sceglie delle cose: la messicanità, una messicanità popolare, una messicanità rivoluzionaria ma è tutta una scelta nel senso che poi di fatto lei non è quello non vive quello non lo è, ha deciso di sì, si costruisce la maschera da mettere in scena fa teatro su magnificamente ma secondo me lei sapeva esattamente cosa faceva e sarebbe strano non capissimo quello che ha fatto. Volendo lavorare su i simboli e le simbologie io mi rivolgerei a una pittrice come Maria Ischerdo, lì senti che c’è nuna cosa che è tutta lì, è tutta radice
lì senti che c’è una cosa che è tutta radicata lì e non si scherza e infatti non andavano tanto d’accordo”

 

Laura Modini: “Io volevo tentare di vedere il discorso dello specchio in un’altra maniera, nel senso trovo tremendo l’idea della madre che mette su una figlia sofferente, piena di problemi, questo specchio e a me ha sempre molto turbato questa cosa, mi ha turbato e mi ha dato un po’ l’idea il modo di vestire di Frida Kahlo dei suoi atteggiamenti di coprire qualche cosa. Lo dico pensando alla mia esperienza questo senso di inferiorità che lei deve aver senz’altro interiorizzato vissuto poi giocatosi, esibendo una figura molto teatrale, esibendo una sicurezza e dall’altra parte una grande debolezza esibendo questi abiti questo vestire e questa pittura. Questo mi interessa, il prodotto quello che a me interessa di Frida è i suoi quadri che hanno una potenza, un colore. Poi dopo tutto quello che c’è dietro va bene: il simbolismo, l’origine il perchè e il per come. Io la grande gioia che ho provato nella mostra che han fatto qui non eccezionale le donne e l’arte è vedere in mezzo a tanti tanti quadri anche il suo, un’opera giovanile, a me ha dato una grande gioia. Secondo me l’uso che ha fatto anche le donne è quello di continuare a ravanare su questa sua storia togliendogli la grandezza di pittrice questo l’ho sempre sentito molto essendo poi affascinata dai diari dalla storia…”

 

Vita Cosentino: “Io volevo chiedere a Maria e Cristina se potessero ritornare su quello che loro davvero sentono come chiave del diario perchè appunto sento come una grande differenza. Maria all’inizio poneva molto la questione del diario come il racconto di quest’amore e invece nelle opere di Frida Kahlo vedere la sua espressione invece Cristina ha posto fortemente questa questione dello specchio ma mi sembra anche una possibile chiave di questa autorappresentazione molto più complicata. Voi che l’avete studiata a fondo vi chiedo di ritornare a dire meglio che cosa davvero pensate di questa opera”.

 

Cristina Secci: “La definizione che per me, nei limiti che può avere un lavoro, un saggio, i limiti che ha un individuo è autoritratto letterario nel senso che i generi della letteratura intima o i sottogeneri sono diversi. Il grande contenitore della letteratura intima all’interno cui ci sono diari, autoritratti letterari, autobiografia, quaderno di appunti, agenda, memoria, a seconda del tipo di scrittura che si utilizza a seconda del contenuto sappiamo benissimo che cambia questa definizione stretta gabbia necessaria in alcuni ambiti. In un percorso per negazione come in effetti hanno messa in evidenza entrambe la mia definizione più stretta, quella che sono riuscita a dare è quella di autoritratto letterario. Un francese che vive a New York e non ne poteva più di sentir parlare di letteratura intima e assieme a pochi altri è riuscito, lui è il teorico principale di questo sottogenere di letteratura intima, a dare una serie di definzioni che per me sono state molto chiave e che ho seguito alla lettera: questioni come la cronologia per cui una cronologia assente, che quindi non coincide con il diario; il contenuto per cui normalemnte un diario ha un contenuto di vita personale mentre il diario, il chiamato diario di Frida Kahlo mette politica mette tradizione mette ricette mette di tutto quindi mischia contenuti, non ha lo stretto contenuto di un diario; il tipo di scrittura utilizzata; non si tratta di prosa ma nella maggioranza delle tavole per esempio è un ascrittura tendenzialmente poetica, sto elencando nella maniera in cui ho ragionato. Il fatto che entrino all’interno delle immagini con una preponderanza e con un’intensità che non si può ignorare. Il fatto che venga utilizzata non esclusivamente la penna per scrivere ma uno strumento che appartiene alla pittura, il pennello, e viene utilizzato per scrivere e crea un prodotto altro tutto ciò anche altre spie altri elementi avvicinano alla soluzione minima che ho trovato applicando un quadro teorico per cui si tratta di un autoritratto letterario che ha tra le sue caratteristiche, quello di creare un’opera nuova nella misura in cui crea un’opera di cui non è totalmente cosciente l’autore. E’ la società che parla per lui. E’come se fosse l’autore gli impulsi arrivano dalla società che lo circonda che gli trasmettono le parole i contenuti che finiscono per non essere solo personali. La definzione che io darei all’opera è di un chiamato diario e storicamente passerà così perchè diario è comodo è comodo per i Kahloisti per chi ama il mito Frida Kahlo è più facile avvicinarsi a un’opera leggerla come intima totalmente e chiamarla diario, è l’elemento più immediato anche perchè diario è la parola più comune della scrittura quasi casalinga, l’autoritratto letterario chi lo conosce? Ed è stata anche una grande operazione di tipo editoriale interrotta non perchè non ci sia pubblico interrotta per questi problemi di diritti, di Banco de Mechico, un’università c’ha i diritti di immagine gratuita e parola, per questi problemi c’è un’interruzione di tipo editoriale a parte il fatto che il libro costa. Però è stata un’impresa editoriale anche come dicevo prima con le iniziali che non sono sue, l’editore dice ci non sono tantissimi gli studi che sono stati fatti su quest’opera.
In una presentazione una ragazza mi ha detto la prima data che appare nel diario è quella della morte di Frida, 10 luglio, sono stimoli che rimangono è vero ci si specula sopra a proposito di copertura. Frida Kahlo si copriva da quando era alle elementari, si copriva la gamba con le calze per nascondersi. Il Messico non è finzione è carico, è carico di se stesso di popolarità e sta lì a mio giudizio è la bellezza che io pesonalmente apprezzo. Non è finto è carico. E per noi europei che siamo abituati a sezionare alcune cose disturba questa carica. Un esempio stupido: quando preparano pasta i messicani ci mettono sopra l’insalata, le salse , mischiano caricano e non è vero che non si sentono i sapori, dopo anni ho imparato anch’io a distinguerli”.

 

Donatella Franchi: “Come dicevo all’inizio io trovavo che in questo, che io chiamo libro d’artista per questa mescolanza di pensieri, di linguaggi che sono tipici di queste opere contemporarnee che sono totalemente libere, trovavo un discorso sul corpo su questo corpo aperto e riversato tutto in espressione e linguaggio, trovavo la radice della sperimentanzione delle performer e delle body artiste e anche con l’uso che fa Frida Kahlo del proprio corpo durante la vita. In questo suo addobbarsi che non è solo un mascheramento della sua infermità è un trasformare quello che lei è in linguaggio attraverso tutti i mezzi che possiede. Per esempio una artista, che a me non piace tanto, che si sottopone a operazioni chirurguiche è uno sviluppo estremo di quello che Frida faceva con il suo corpo. Frida faceva le operazioni perchè doveva però le trasformava quello di mettersi lo stivaletto rosso a sonagli al posto della gamba amputata lei trasformava tutto quello che la sua esperienza le dava in comunicazione in linguaggio”.

 

Maria Nadotti: “Nella biografia che Ede Nerrera scrive di Frida Kahlo ci sono passi e passi presi da questo diario autoritratto intimo. In quegli anni voleva scrivere la biografia di Gorky ma stava preparando un dottorato di ricerca a New York e il suo docente le disse di fare Frida Kahlo e lei optò per questa, ma in un momento in cui non era nessuno, il suo autoritratto intimo era sfogliabile. Quando dico che il diario infatti per me non aggiunge molto dico questo: poco prima dell’uscita editoriale dei diari che hanno avuto una grancassa mediatica scandalosa si era creata in chi l’aspettava un’attesa sempre più nervosa perchè sembrava che dovessero venir fuori delle cose pazzesche. In realtà non viene fuori niente di più di quello che sappiamo già perchè le sue opere raccontano esattamente le stesse cose in un modo molto più accurato e molto più pittorico. Nel diario son quasi degli appunti, disegni, schizzi, giochi, lei fa tutte queste cose che sono nella tradizione del surrealismo, macchie vuole vedere quello che succede quando chiude le pagine e vuol vedere quello che succede con l’inchiostro.
Però il diario in quanto tale non aggiunge moltissimo a quello che già sapevamo e siccome quello che già sapevamo ha due corni: da una parte è una straordinaria opera pittorica, un unicum pittoirico dall’altra parte è un’autobiografia finzionale sceglie lei come raccontarsi e poi le parti di scrittura in parte le consocevamo già e in parte tenete conto che queso diario lei lo tiene negli ultimi anni della sua vita che sono gli anni in cui lei fa più fatica a dipingere e tenete conto che anche la scrittura negli ultimi anni è difficile da leggere e tenete conto che anche la scrittura è difficile da leggere, la povera Frida Kahlo negli ultimi anni della sua vita era drogatissima, nonchè alcolista all’ultimo stadio, c’è anche questo problema che ha la mano tremante. Da punto di vista autobiografico è interessante vedere questa forma di declino per chi ha pssione per queste cose biografiche. Per quel che riguarda l’importanza della sua opera è anche un po’ il modello semplicemente in questo senso dicevo anche tutta la tematica dello specchio è interessantissmia però già sull’opera. Gli autoritratti in pittura hanno quasi sempre comportato lo specchio quindi è più interessante…pensate a quella cosa che io tutt’ora non riesco a sciogliere dal punto di vista pittorico è las menijas è una cosa incredibile anche entrare nellopera resta una cosa talmente complessa alchemica che non riesci davvero a capire qual è il punto di vista. Nelle opere di Frida Kahlo il punto di vista è suo ed è talmente suo che obbliga a te che lo guardi a guardarlo come lei aveva deciso di farsi guardare e questo per me resta uno dei punti forti”.

 

Una donna: “Una cosa che mi aveva interessato molto. Lei per un periodo di tempo insegnava pittura e alcune pagine del diario sembra come un’esercizione da proporre ai ragazzi e lei inseganva in modo da far sì che ognuna trovasse un suo punto di vista. Insegnava in maniera molto libera.”

 

Donatella Franchi: “Il bello dei linguaggi creati è che ognuno poi ci gioca a seconda della sua esperienza per cui l’opera diventa una soglia che fa passare l’esperienza di chi la guarda. Questo che io chiamo libro d’artista è estremamente emozionante perchè intanto a me piace moltissimo la calligrafia in generale perchè ci trovo la vibrazione della mano che lascia una traccia di sè sul foglio. Le pagine più belle anche come scrittura del tuo saggio son quelle in cui tu parli della calligrafia di come si sovrappone alle immagini di come viene coperta dalle immagini perchè è proprio una traccia del corpo. Poi vedere i cambiamenti degli stati d’animo a seconda di come questa calligrafia viene tracciata e come poi si disfa nel colore alla fine quando lei è troppo malata la calligrifa si disfa nel colore diventa pure gestualità con quell’angelo finale dalle ali pesanti e da questi scarponi che è ancorato alla terra come se lei volesse andarsene ma è ancora ancorata alla terra e morirà qualche giorno dopo.”

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