14 Aprile 2022

La forza che si oppone alle guerre

a cura di Laura Minguzzi


Pubblichiamo l’introduzione all’incontro del 26 marzo 2022 tenutosi presso la Libreria delle donne per la presentazione del libro di Vittoria Longoni Madre Natura. La Dea, i conflitti e le epidemie nel mondo greco (2021) edito da Enciclopediadelledonne.it


L’autrice, grecista e femminista, esplora nei testi classici antichi le tracce di una diversa concezione della divinità cosmica e di un orizzonte di valori alternativo al dominio patriarcale. La sua è una voce che come recita il titolo di questo incontro rappresenta una forza che si oppone alle guerre. Ci lega una relazione più che decennale, nata nella scuola, eravamo e siamo insegnanti, basata sull’amore per le lingue antiche e moderne. Quando ho proposto il suo libro non mi/ci aspettava/mo certo di trovarmi/ci in questa situazione di doppia emergenza, la pandemia e la guerra in Ucraina e in questo pericoloso tornante epocale, causato dalla pulsione, soprattutto maschile, a fare schieramenti armati. Noto nell’arena pubblica una profonda difficoltà a fare ricorso al discernimento, qualità umana che fa leva sul primun vivere di radice femminile e materna. Sento una grande responsabilità per il momento storico che stiamo vivendo. La scrittura di Vittoria è ispirata dalla fiducia nella relazione, nella parola e nella mantica.

L’anno scorso alla fine di novembre ho visto uno spettacolo multimediale Resurrexit Cassandra, un monologo di Sonia Bergamasco. Stavamo riprendendo a respirare pur con la mascherina e mi sentivo molto speranzosa. Cassandra risorge e parla: richiamata dalle tenebre, dal buio cui la sua giusta e veritiera profezia l’aveva condannata. È un buon segno mi sono detta: la profezia come provocazione al cambiamento. Costretta oggi a resuscitare per portare un messaggio, pronunciare un ulteriore avvertimento: quello della scomparsa della vita sul pianeta se non ci sarà un autentico e radicale cambio di civiltà. Come recita il titolo di questo incontro La forza che si oppone alle guerre, abbiamo visto una giovane donna di origine russo/ucraina, Marina Ovsyànnikova, giornalista del primo canale della TV di Stato russa che come Antigone, contro il re Creonte, si è esposta con un cartello e una frase che non era uno slogan, ma un grido di denuncia, contro la guerra fratricida in corso e le menzogne di Stato. Ha rotto il silenzio sulla narrazione bugiarda del potere e con la sua forza soggettiva, singolare, ha deciso di risvegliare dal sonno della ragione il popolo russo ed è immediatamente suonato il gong in tutto il pianeta. Il suo gesto di rottura ha fatto il giro del mondo. Una forza simbolica, un altro genere di forza. Non poteva più tacere, ha gridato la verità con grave rischio della vita per sé e per i figli, oltre al licenziamento immediato.

Vittoria Longoni dà alla sapienza femminile dei miti ancestrali una seconda chance. Se sapremo ascoltare e approfittarne. La sapienza arcaica e la manifestazione della libertà femminile possono congiungere ciò che i muri separano, ristabilire l’ascolto dal dentro al fuori. È un’altra forma di forza che si oppone alla Legge brutale dei rapporti di forza, quella distruttiva delle guerre fratricide. La nostra generazione che ha messo al mondo la libertà femminile, fa parlare l’esperienza soggettiva del rapporto con la natura vivente che rifugge da un principio universale astratto ed essenzialista. In quanto pensiero dell’esperienza ci differenzia da, esprime differenza sessuata, non nascondendo la propria origine. Parliamo di un sentire proprio che si annida in ciascuna/o di noi che produce parole sapienti e veritiere, una postura interiore da decifrare e comunicare collettivamente per scrivere un’altra storia. Ciò che scrive Vittoria è sia nuovo che antichissimo.

Nel capitolo La Legge brutale dei rapporti di forza, Vittoria Longoni scrive che non a caso i due termini greci loimòs e limòs (peste e carestia) sono riportati da Erodoto nelle sue Storie a proposito di Creta, quasi come sinonimi. “Poiché i Cretesi avevano partecipato alla guerra di Troia accanto a Menelao, al loro ritorno per punizione divina, furono colpiti da carestia e da un’epidemia. Nel mondo greco anche le epidemie e la peste sono attribuite alla ubris e all’arroganza degli uomini che ricorrono alle guerre per risolvere i conflitti e imporre le leggi e il potere a discapito della Madre Natura o della Dea Madre1 (pag.169).

A proposito di Diotima, i discorsi della “straniera di Mantinea”, nel Simposio, scrive Vittoria, sono un amalgama complesso e lei prova a tradurre dall’originale alcuni passi che trova vicini alla sua sensibilità e consiglia di non interpretarli secondo le teorie platoniche, accostandosi alle espressioni ricorrenti “sia secondo il corpo che secondo l’anima”, in modo che i due ambiti siano connessi e non separati né considerati l’uno superiore all’altro. “L’Amore è un grande demone, daimon in greco, qualcosa di intermedio tra divino e mortale. La sua funzione è di essere messaggero e interprete tra persone umane e divinità. Dato che l’amore è questo, desiderio e tensione […] La sua attività consiste in un partorire nella bellezza, sia secondo il corpo sia secondo l’anima. Tutti gli esseri umani concepiscono, sia nel corpo sia nell’anima. L’amore non è amore del bello, come credi tu. È desiderio di generare e partorire nel bello…”.2

Il ragionamento platonico procede poi per successive astrazioni sempre più lontane dai corpi sessuati. Si propone il raggiungimento di un “termine ultimo” e a questo punto, scrive Vittoria Longoni, non si parla più di Amore come dàimon, come ricerca, che non consente mai del tutto il possesso del bene. Nel suo libro Vittoria Longoni scrive che l’oracolo di Delfi in origine era la sede di una divinità femminile. Lo stesso afferma la storica medievale Maria Milagros Rivera-Garretas in La verità assente della filosofia: la storia vivente3, “…Il tempio greco più celebrato per la conoscenza maschile (il “Conosci te stesso” ndr), quello di Apollo a Delfi, fu un tempio violentemente usurpato, nel secolo VIII a.C. dal patriarcato, alla Grande Dea della Terra, la dea preclassica di Delfi…Era fin dal Neolitico un importantissimo luogo di culto della Dea Madre e di oracolo delle pitonesse, indovine e sibille, dalle cui viscere sgorgavano le risposte profetiche……

A proposito della profezia nel mondo greco, a Femonoe, prima profetessa di Apollo, inventrice dell’esametro, viene attribuita l’invenzione del motto delfico “conosci te stesso”: possiamo quindi supporre un’origine femminile e oracolare anche per la filosofia. Troviamo un testo di Femonoe nel Libro dei sogni di Artemidoro che la descrive intenta a discutere questioni filosofiche. Femonoe si dedicò anche a studi sugli uccelli e all’interpretazione del loro volo, citata da Plinio ne La Storia naturale. Nell’epica e nel teatro antico ha grande rilievo la figura di Cassandra, la figlia di Priamo, desiderata da Apollo, che non volle ricambiare l’amore del dio: ne ricevette il dono della profezia ma anche la sciagura di non essere creduta. 

In sintesi, con le parole di Virginia Woolf accenno al motivo per cui ho ripreso lo studio della lingua greca, ho seguito i corsi di Vittoria per dodici anni e ho potuto leggere i testi in originale: il desiderio della lingua madre, della verità piena corporea, profumata della lingua materna… 

Dal Lettore Comune di Virginia Woolf, un breve saggio dal titolo “Sul fatto di non sapere il greco” Virginia analizza i personaggi di alcune tragedie per esempio il mito di Elettra di Sofocle e il loro linguaggio. Frasi laconiche, semplici esclamazioni di gioia, di disperazione, di odio e le paragona per esempio a Jane Austen che con una frase sostiene tutto il romanzo in Emma: “Io ballerò con lui”.

Si chiede Virginia non sarà forse che leggiamo nei greci ciò che essi non si sognavano mai di scrivere? Non è che scopriamo nella poesia greca non proprio quello che c’è ma quello che ci manca? Dietro ogni riga a volte ci sembra ammassata l’intera Grecia? Una terra non ancora depredata, un mare non ancora inquinato… Ogni parola è rinforzata da un rigore che sembra traboccare dall’ulivo, dal tempio, dai corpi.  La causa di questo splendore è la lingua… perciò è inutile leggere il greco tradotto… Ci mancano i suoni, gli accenti, il ritmo della lingua madre… Con il rumore del mare nell’orecchio (nell’Odissea) attorniati dai vigneti, dai prati, dai ruscelli avvertono meglio di noi la presenza di un fato implacabile e proprio ai greci noi ci rivolgiamo quando siamo saturi di imprecisione e di confusione, saturi di cristianesimo e delle consolazioni, saturi della nostra epoca…


(www.libreriadelledonne.it, 26 marzo 2022)

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