16 Febbraio 2018

Per fare storia vivente. Un incontro nazionale


Domenica 28 gennaio 2018, presso la Libreria delle donne di Milano si è tenuto un incontro fra donne appartenenti ai Gruppi donne delle Comunità di Base cristiane italiane, al Graal-Italia, alla Sororità di Mantova, a Thea-Teologia al femminile e la Comunità di storia vivente.

 

Introduzioni di Carla Galetto e Doranna Lupi

 

1) Prima di tutto un grazie di cuore alle donne della pratica di “Storia vivente” che ci ospitano qui in Libreria e che ci accompagneranno in questa giornata. Per noi (Doranna e io) la Libreria delle donne di Milano è il luogo simbolico di una rivoluzione ancora in atto, tanto per citare il sottotitolo del libro Mia madre femminista di Luciana Tavernini e Marina Santini.

Avere a disposizione parole nuove per dire la verità sulla nostra esperienza e per dire il mondo è già molto e qui ci sono queste parole. Però per creare nuova realtà condivisa, per creare nuovo simbolico non è sufficiente condividere testi e parole di altre donne, ma è necessario attraversare quel vuoto, quel silenzio da cui tutte noi siamo partite e trovare soggettivamente il pensiero che sa decifrare ciò che si sente, in relazione con le parole e con i corpi (in carne e ossa) delle altre donne.

2) Da cosa nasce il desiderio di incontrarci con voi? La proposta è nata da Doranna, a cui subito ho aderito, dopo la sua partecipazione al Convegno sulla “Pratica della storia vivente” dell’11 Marzo 2017 qui, nella libreria delle donne Milano, a cui eravate presenti tutte: Marirì Martinengo, Laura Minguzzi, Marina Santini, Luciana Tavernini, Laura Modini, Giovanna Palmeto, Marie-Thérèse Giraud. Abbiamo subito condiviso questa proposta con le nostre amiche delle cdb, compagne da trent’anni di un percorso condiviso su donne e divino, proposta estesa anche ad altre che fanno parte di gruppi donne che in questi ultimi anni si sono unite a noi.

I motivi principali che ci hanno spinte a sentire la necessità di questo incontro sono due:

  1. a) l’esigenza più volte espressa nei nostri collegamenti di lasciare traccia scritta del nostro percorso
  2. b) l’obiezione silenziosa sul libro di Mira Furlani (di cui vi parlerà Doranna).
  3. a) Mi sembra innanzitutto importante riprendere alcuni accenni a questo desiderio, emersi negli ultimi anni del nostro percorso.

Già nel coordinamento del 12/1/13 c’è stata la proposta di “portare fuori, ad altre, le cose che abbiamo capito e vissuto”. Si è sentita la necessità di usare parole vere per dire la realtà che si vive, cioè partire da sé. Le parole delle donne, le nostre parole, si sentono troppo poco. Bisogna renderle pubbliche, renderci visibili.

Noi non siamo le rappresentanti della “questione femminile” delle Cdb, ma siamo in un percorso in cui si manifesta il senso libero della nostra differenza. Autorità che ci riconosciamo, forza che ci dà parola pubblica.

Successivamente, nei Coordinamenti nazionali del 2014 (2/3/14) veniva evidenziata la necessità di una persona esterna a noi (insieme a qualcuna interna) che collaborasse con noi per rileggere la nostra storia (fare un articolo, scrivere un testo…), per “bucare il muro”. Si è detto che è poco conosciuto il nostro percorso e abbiamo difficoltà a comunicarlo.

Un nodo fondamentale segnalato era come gestire i conflitti per poter costruire una “sottile striscia di futuro”. Conflitto sì, ma anche desiderio di mantenere la relazione.

Nel Coordinamento nazionale 19/11/16 ancora una volta emergeva il bisogno di ripercorrere un percorso fatto, per rimettere in movimento il presente: rileggere il passato serve per capire il presente, ma ciò che conta è il presente. Occorre rimettere in gioco il presente, a partire da sé, soggettivamente; documentare adeguatamente la presenza di libertà femminile.

E infine nell’ultimo Coordinamento nazionale di ottobre (7/10/17) il nostro gruppo donne di Pinerolo ha portato una proposta da cui riprendo alcuni passaggi che, secondo me, sono fondamentali:

Possiamo iniziare a scrivere senza avere la pretesa della perfezione: è una crescita, una maturazione, un cammino, perché cresce la consapevolezza di quello che abbiamo fatto e stiamo facendo. È difficile scrivere in tante, è vero, però potremo trovare delle modalità più adatte.

A volte, per paura delle divisioni interne, si cerca un’autorità esterna che scriva, che dica qualcosa al posto nostro, mentre è meglio fare dialogare le differenze con diversi testi di narrazioni…

Ci sono già molti testi scritti da donne che applicano questo metodo.

Occorre scrivere la storia di un periodo che ha coinvolto e tuttora coinvolge le soggettività, cioè cominciare a raccontare che senso ha avuto, perché c’è stata questa svolta, ad es. quella di creare gruppi di donne delle cdb; perché alcune di noi siamo tuttora dentro le cdb…

È stato possibile fare una ricerca dentro le cdb, parlare con verità…? Quali conflitti ha aperto e quali conseguenze nel bene e nel male? Quali relazioni sono state necessarie per acquisire forza e autorità?

Noi dobbiamo fare in modo che il nostro diventi un racconto di storia vivente, non un asettico racconto fatto da un’altra esterna a noi. Dobbiamo smetterla di pensare che sia necessario raccontare la storia con obiettività, prendendone le distanze. È la nostra storia e dobbiamo raccontarla noi intrecciandola alla storia, ai fatti e alla nostra esperienza soggettiva. La misura ce la dà la nostra relazione, che in questo senso è politica. I gruppi di autocoscienza ci hanno insegnato molto. Dobbiamo trovare parole nostre!

Questa nostra proposta è stata accolta, come vedete…

Ecco: a partire da questi desideri, interrogativi, pensieri e a partire dalla relazione preziosa tra di noi che ci ha dato forza in una ricerca che ha trasformato radicalmente la nostra spiritualità, sostenendo la nostra libertà… abbiamo pensato a un lavoro in cui emerga la “Storia vivente”, scritta da noi.

Non autocelebrazione del nostro percorso (che Luciana Tavernini chiamava monumento funerario) come se fosse un’esperienza conclusa, bensì la storia di come le nostre storie e i nostri percorsi si sono intrecciati. Dove? Nelle specifiche realtà, negli specifici contesti. Come poi i contesti specifici si sono modificati in conseguenza ai percorsi delle donne.

Come le pratiche elaborate nel percorso comune e separato delle donne sono andate a modificare, a interferire, anche a confliggere negli specifici contesti.

Quali pratiche di relazione con donne (con quali donne) hanno rafforzato entrambe le parti nei singoli contesti e a livello nazionale. Per esempio a livello territoriale le donne del gruppo di Pinerolo hanno stretto relazioni di scambio con pastore valdesi e con il Centro studi e pensiero femminile di Torino (Aida Ribero, Ferdinanda Vigliani); a livello nazionale abbiamo avuto relazioni con teologhe cattoliche e protestanti (Letizia Tomassone, Elisabeth Green, Daniela di Carlo), donne con altri percorsi di spiritualità (Antonia Tronti, Antonietta Potente), con filosofe di questa Libreria e della comunità di Diotima (Luisa Muraro, Chiara Zamboni).

Penso sia importante ripercorrere questa nostra storia senza fretta, prendendoci tutto il tempo necessario per rivisitare un cammino trasformativo molto lungo… ponendoci domande, confrontandoci ciascuna a partire da sé, attraversando i nodi che abbiamo dovuto o dobbiamo ancora prendere in mano e dipanare con pazienza e cura, mantenendo viva la relazione tra di noi. Più che il prodotto finale è importante tutto il processo con cui cercheremo di tentare questa pratica di storia vivente. Sarà sicuramente occasione per esprimere, e speriamo anche di realizzare, il nostro desiderio vivo.

Carla Galetto

 

 

“Quando appare sulla scena un testo che ci racconta la storia dal punto di vista dell’esperienza femminile c’è, prima di criticare, da rallegrarsi e poi da capire cosa faccia ostacolo alla rappresentazione del mondo dal punto di vista femminile” (Luisa Muraro, “Testimonianze”, 514, 2017).

Uno dei presupposti della pratica di storia vivente è che qualsiasi storia collettiva sia imprescindibile da ciascun soggetto. Luciana Tavernini, autrice con Marina Santini del libro Mia madre femminista. Voci da una rivoluzione che continua, sostiene che la storia vivente non è l’unica storia da raccontare, ma se si riesce a fare questa pratica e a trovare il proprio nodo, si riesce meglio a fare l’altra storia. È così che la nostra carne diventa parola.

È necessario quindi dire le cose con parole che rispondano alla nostra esperienza. Teniamo presente il Sottosopra Rosso del 1996 intitolato È accaduto non per caso. È finito il patriarcato non vuol dire che sono finite, sparite di colpo e del tutto le forme e le strutture create dal patriarcato, bensì che è finito il sostegno delle donne a questo ordine simbolico, è finita la loro complicità, il silenzio-assenso, e questo ha aperto un’enorme crepa in quel sistema, da cui è già passata molta libertà femminile. Certamente da questo passaggio si è immessa anche l’ondata di donne americane che ha reso pubblica la denuncia delle molestie sessuali maschili in tutti gli ambiti, portando alla luce il contrasto tra i sessi e restituendo un fatto, che veniva considerato personale, a una dimensione pubblica. Abbiamo visto, però, che ci può volere molto tempo, come diceva Marisa Guarneri (presidente onoraria della Casa delle donne maltrattate di Milano) nel suo intervento introduttivo in occasione dell’incontro di Via Dogana 3 del 14 gennaio 2018: ci vuole il tempo necessario per rimettere in ordine ciò che è prioritario per la libertà di una donna e questa necessità va riconosciuta dalle altre donne. La libertà femminile è anche un rischio, come ogni movimento di libertà può provocare delle reazioni e a questo dobbiamo essere pronte.

Perché Carla e io, sostenute dalle donne del nostro gruppo di Pinerolo e dagli uomini della redazione di Viottoli, abbiamo raccolto in un dossier tutto ciò che è stato fino ad ora scritto sul libro di Mira Furlani Le donne e il prete. L’Isolotto raccontato da lei? Libro che lei ha scritto dopo 50 anni dai fatti che racconta. Lo abbiamo fatto perché era in ballo qualcosa di grande per la nostra libertà, cioè la credibilità delle nostre parole e la legittimazione necessaria per dirle, in una narrazione della storia che introduce elementi nuovi e un punto di vista nuovo rispetto a quello maschile tradizionale. Il racconto di Mira Furlani risponde con forza alla necessità di raccontare la storia di una donna dal proprio punto di vista, andando anche a scovare nodi profondi che, inevitabilmente, portano a galla qualcosa di rimosso e suscitano reazioni. In questo caso l’autrice indaga e mette in luce aspetti impensati del suo periodo storico.

Il dossier era necessario per rompere e spiegare, prima di tutto a noi stesse, quella che Laura Minguzzi ha definito l’obiezione silenziosa che ha provocato il libro all’interno delle comunità di base e soprattutto tra le donne delle cdb.

In questo caso si è verificata una circostanza particolarmente fortunata. Non c’è voluto molto tempo né grandi sforzi poiché, contemporaneamente all’obiezione silenziosa, molte e molti altri, dentro e fuori dalle cdb, hanno parlato legittimando e rilanciando i contenuti della narrazione di Mira. Questa differenza di punti di vista e di modi di agire ci ha mostrato concretamente l’efficacia della pratica politica delle relazioni tra donne e del riconoscimento di autorità femminile anche da parte maschile. In un secondo tempo infatti, la proposta della pubblicazione del nostro dossier sulla rivista Viottoli è venuta da un uomo della redazione, Memo Sales, marito di Luisa Bruno e facente parte del gruppo uomini di Pinerolo.

Nei luoghi dove questo avviene, si ha un rilancio. Mentre il silenzio ha l’effetto di rimuovere, depotenziando la libertà soggettiva, la pratica politica delle relazioni tra donne è orientata all’ascolto attento di ciò che l’altra ha da dire, attraversando i conflitti, valorizzando il di più che si mostra nelle parole dell’altra, cercando e trovando schegge di simbolico che confluiscano nella corrente viva di pratiche e pensiero di una rivoluzione ancora in atto.

Il libro di Mira si può considerare a tutti gli effetti un testo di storia vivente. Cosa lo rende tale? Sempre sulla rivista Testimonianze, Franco Quercioli, nell’intervista a Mira, mette in risalto questioni fondamentali rilevate nel testo e, nelle sue domande, parte dalla genealogia materna, dalla pratica delle relazioni tra donne, dalla cultura della differenza che ha messo in moto processi di autocoscienza maschile, arrivando ad affermare che, per questo, il libro di Mira guarda al futuro di tutti, non solo alla dimensione religiosa e della chiesa. Secondo Giuseppina Vitale, nel suo articolo sul numero 9/2016 di MicroMega, l’autrice si lascia alle spalle il tema della democratizzazione ecclesiale, aprendo spiragli di discussione sulla maternità e sul ruolo (attivo) della donna nella Chiesa, argomenti di indiscussa attualità.

Tutto questo può già essere considerato come il risultato scaturito dalla narrazione di una storia vivente che, come dice ancora Luisa Muraro, “fa emergere la verità soggettiva, la fa risultare nel quadro generale e la fa lavorare simbolicamente, per avere una rappresentazione più vera della realtà storica”.

Non è sul piano dei principi che scorrono i ricordi di Mira, bensì sull’esperienza pratica di un vissuto che si è scontrato con la disparità dei rapporti tra uomini e donne. Il suo racconto mette in evidenza che senza il femminismo dell’autocoscienza e la scoperta dell’ordine simbolico della madre non sarebbe mai riuscita a uscire da quella sottomissione.

Dalla storia delle case famiglia emerge il nodo che per tanti anni ha travagliato Mira. Le case famiglia dell’Isolotto non sarebbero esistite senza le madri affidatarie e senza l’iniziale collaborazione/accettazione di Mira Furlani a tale progetto. Ma è proprio su questo che a un certo punto è avvenuto lo scontro più profondo, quello tra autorità maschile e autorità femminile, in pratica tra Mira e coloro che volevano ridurre l’autorità femminile a servizio oblativo.

L’imprevisto fu che Mira e sua madre si ribellarono a quella che era una vera e propria sottrazione di autorità e disconoscimento del simbolico materno.

Doranna Lupi

 

 

(www.libreriadelledonne.it, 16 febbraio 2018)

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