27 Novembre 2012

Vicine di casa

Sono state per più di dieci anni una presenza significativa, attenta e consapevole nella loro città, Mestre, e lo sono ancora. Si muovono a piedi o in bicicletta; quando non si vedono, si telefonano; si mettono d’accordo di volta in volta dove incontrarsi e per quanto tempo, anche mezzora a volte può bastare; si danno appuntamento di mattina sotto casa, in cucina davanti ad una tazza di caffè, al parco quando c’è una giornata di sole, in biblioteca o in pizzeria la sera. E parlano, parlano. Così l’esistenza di ognuna cambia e prende forma. La gente passa, le guarda, a volte si unisce alle loro conversazioni, coglie la forza di certe parole, vede una pratica efficace, cerca di farla propria: inizia uno scambio. Ogni giorno c’è qualcosa di cui ragionare insieme: resistenze, scoperte, conflitti, paure, gioie inaspettate. Le vicine hanno estrema cura delle conversazioni e degli incontri fra loro: nessuna butta via il tempo dell’altra né il proprio. Sono una rete fittissima e informale di rapporti, non hanno una sede né un’organizzazione vera e propria, ma quanto basta per dare continuità ad un filo sottile di relazioni che tiene insieme case, spazi sociali, luoghi pubblici, istituzioni, scuole, negozi, uffici. Non ci sono verbali di assemblee, né bilanci, non ci sono cariche né scadenze, ma tanti quaderni di appunti, innumerevoli incontri registrati, trascrizioni, libretti, fotografie, lettere, volantini, articoli di giornale, interviste.

 

Le vicine non diffondono questionari e non promuovono appelli di pace, né raccolgono firme: questo, secondo loro, non è il modo più efficace di cambiare le cose. Quando decidono di esserci, vanno, arrivano a due, a tre o a piccoli gruppi nel posto convenuto e senza esitazione prendono l’iniziativa, fanno differenza, criticano, suggeriscono, propongono, svelano contraddizioni, dicono cose non banali che lasciano il segno, cercano di salvare la verità contestuale. Non formano mai una massa indistinta, ma costellazioni di sguardi e riconoscimenti. Sono in aperta polemica con le Pari Opportunità: troppa rivalsa e risentimento nei confronti degli uomini abbassa di molto il livello del conflitto e della contrattazione tra i sessi.

 

Sono tante, alcune di loro sono amiche fin dai tempi della scuola; abitano quasi tutte nello stesso quartiere. I forti contrasti e i conflitti non mancano, ma vince quasi sempre l’inventiva, la curiosità e la voglia di capire, la passione intelligente. Gli uomini ci sono, ma non stanno al centro. La scena pubblica è altrove rispetto a quella della politica istituzionale: inizia nel profondo di ognuna, lì dove ha origine il desiderio che l’esistenza abbia un senso più caldo e più vero, e si realizza nello spazio vicino a casa, nei diversi contesti della vita sociale e lavorativa, nei luoghi dove tutti i giorni concretamente si lotta per trovare un accordo tra ciò che manca e si desidera e ciò che non si vuole, ma purtroppo esiste ed è necessario prendere in considerazione.

 

Determinate a salvare i rapporti, le emozioni elementari, i desideri dall’assedio del mercato, dalle logiche del freddo calcolo e dei rapporti di forza, le vicine mettono, al posto del denaro e dell’egoismo indifferente, innumerevoli atti di generosità e di coraggio, il sapere della cura, dell’attenzione e dell’ospitalità, la capacità di regolare i conflitti in modo non distruttivo e di tenere insieme nello stesso spazio bisogni e figure differenti. A guardar bene sono donne comuni: in ogni città ci sono donne come loro che affrontano il degrado urbano, i conflitti, le lacerazioni del tessuto sociale senza scandalizzarsi, ben salde nel realismo femminile, indisponibili a farsi deviare verso ideali e valori impraticabili, decise a ricavare oro puro dalla pratica dei rapporti. Le vicine ascoltano semplicemente il grido d’aiuto della città e agiscono di conseguenza.

 


Molto diverse tra loro per esperienze, stili di vita, riferimenti culturali, condividono la voglia di misurarsi con i grandi problemi della contemporaneità. La loro scommessa è tradurre in parole semplici e comprensibili da tutti un modo radicalmente diverso e nuovo di fare e pensare la politica, di lavorare e stare nella vita pubblica.
Donne comuni e al tempo stesso figure impreviste della vita urbana, più volte e in molte occasioni le vicine hanno preso pubblicamente la parola, hanno scritto lettere ai giornali, partecipato a trasmissioni televisive, realizzato interviste, opuscoli, organizzato assemblee e convegni per far sapere di che stoffa è fatta la città e su quali basi poggia.
Vengono invitate a partecipare a giornate di riflessione o dibattiti da associazioni, gruppi, enti, scuole, istituzioni che operano sul territorio. Non dicono quasi mai di no. Loro sanno cosa tiene insieme città e abitanti, conoscono le condizioni minime che rendono ospitale e vivibile uno spazio: relazioni di qualità, scambi frequenti e significativi di esperienze e conoscenze fra abitanti, figure femminili di mediazione, desideri espliciti, bambine non mortificate, sguardi benevoli, ma non permissivi nei confronti degli adolescenti maschi, uomini disposti a fare un passo indietro, spazi pubblici dove le cose vengono chiamate con il loro nome e la lingua degli affetti, della vita materiale è legata insieme a quella dei desideri e dei bisogni profondi. La maggior parte delle vicine sono madri di ragazze e ragazzi ormai grandi o ancora adolescenti, alcune sono già nonne, ma tra loro ci sono anche quelle che hanno deciso di non avere figli o non hanno potuto averne, quelle che ci stanno pensando, ma poi non se la sentono, quelle che vivono da sole e quelle che dividono la casa con un’amica, quelle che vorrebbero incontrare un uomo da amare, ma non lo trovano e quelle che sono contente di non averlo.

 

Alcune hanno messo in piedi una cooperativa di servizi alla persona, altre lavorano in proprio; ci sono quelle che lottano per la qualità di vita del proprio rione e quelle che cercano di salvare i gatti randagi della città; ci sono splendide cinquantenni in pensione a cui piace viaggiare con le amiche e casalinghe che hanno scoperto il piacere della pittura o della poesia, insegnanti che non mortificano la differenza e organizzano a scuola corsi di storia delle donne, impiegate, infermiere, giornaliste, levatrici, bibliotecarie, artiste. Hanno condiviso per anni la lettura di libri, articoli e documenti scritti dalle pensatrici politiche della differenza, spinte da una autentica passione per la differenza. Diffondono in città “Via Dogana”.

 


Sono delle donne veramente speciali le vicine, parlano una lingua il cui significato sembra semplice da comprendere, ma non lo è: ci vuole un percorso, una pratica che insegni a cogliere il legame tra la vita di tutti i giorni e il livello invisibile, profondo, a volte misterioso della realtà.
Per anni hanno disegnato vasti orizzonti, cieli stellati sopra le loro case. Contemporaneamente sono scese alle radici della vita di relazione. Adesso che il cielo c’è e le radici sono scese più in profondità, vanno avanti con maggior fiducia e la via tracciata va bene anche per altre e altri.
Ognuna tesse relazioni, svolge il suo lavoro, ama, soffre, ride, scioglie nodi, affronta le vicende e i numerosi e continui conflitti della propria esistenza, sapendo di poter contare su una realtà di rapporti con donne amiche e consapevoli, vicine al proprio modo di sentire.
Si riconoscono da alcuni tratti comuni: una casa aperta alla vita dei liberi rapporti, dove l’uomo entra con rispetto e la figlia non dà per scontata la disponibilità incondizionata della madre; la “Città delle dame” di Cristine de Pizan appesa accanto alla porta d’ingresso; uno spazio tutto per sé e almeno un’ora al giorno dedicata alla lettura, alla scrittura o alla riflessione; accoglienza nei confronti dei desideri inauditi; comprare, diffondere, citare e far circolare in città articoli, testi, documenti, scritti di donne e uomini che pensano la differenza; ascolto attivo nei confronti delle prime forme di autocoscienza maschile; l’educazione di figli e figlie sentita come impresa simbolica condivisa; impegno per la parola che avvicina, scioglie tensioni, lenisce e consola il dolore della perdita o indica vie di uscita, strategie di lotta, apre a prospettive impreviste, illumina parti in ombra di sé e dell’altra o dell’altro; condividere la cura della madre anziana attraverso lo scambio di consigli pratici e gesti ricchi di significato; partecipazione alle iniziative pubbliche senza esitare ad intervenire quando in contesto è necessario alzare il livello del confronto, del conflitto o dell’analisi.

 

Ecco chi sono oggi le vicine: donne ricche di esperienza, nel pieno della vita attiva, immerse nel fare quotidiano che, su richiesta precisa, sono disposte a spostarsi e incontrare altre e altri per avviare una riflessione e trasmettere il sapere di una forma elementare della politica che hanno chiamato “pratica di vicinato”. Mettersi in contatto diretto, entrare nelle loro case, vederle all’opera consente di capire nei fatti e alla lettera cosa fanno e chi sono le vicine.
Alessandra De Perini

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