8 Aprile 2016
www.libreriadelledonne.it

LabMi, un patto fra donne per un’agenda costituente della nuova Europa


Laboratorio pubblico di pensieri e progetti per la città del primum vivere, dimensione dimenticata di una possibile civiltà del due.

Proposto da Sandra Bonfiglioli, Bianca Bottero, Maria Bottero, Emilia Costa, Ida Farè, Stefania Giannotti, Laura Minguzzi alla Libreria delle Donne di Milano.


0. Un orizzonte di progetto per costruire assieme LabMi

Le donne del Gruppo Lavoro della Libreria di Milano con le parole di primum vivere e doppio sì hanno dato senso e prospettiva a un insieme complesso di desideri e azioni politiche fatte in Italia e in Europa da movimenti, circoli femministi e donne pensanti. Tale insieme di mosse e azioni si è collocato nel tempo di mezzo, dagli anni 80 al nuovo millennio: da quando, possiamo dire, si chiude l’era della civiltà industriale moderna ed inizia nell’Unione Europea una lunga fase di declino delle istituzioni e dei programmi politici , fino al crack economico e produttivo del 2007, di scala mondiale, che dura tutt’ora.

Attorno a questi eventi, che segnano il nuovo millennio, in molti e diversi territori del mondo le donne hanno suonato un gong, le cui onde sonore continuano a circolare e a interferire nei diversi campi di azione, arricchendo l’iniziativa locale e la vibrazione stessa, che riprende ancora e ancora a circolare sia nei territori dove la presenza delle donne ha già trasformato l’agenda pubblica, sia in territori mai prima toccati, sia negli anfratti del vasto mondo perché, come dice un titolo di Via Dogana, le donne sono ovunque.

In breve, le donne hanno già costituito una nuova sfera politica e di modalità di azione nello scacchiere mondiale. Questo è il momento giusto per annunciarla, vedremo se avrà senso anche inscriverla nelle agende politiche locali e sovranazionali. La nuova sfera pubblica costruita dalle donne è così adeguata ai tempi e ai suoi terribili pericoli, così diffusa e così resiliente che ci permette di affermare essersi aperta la fase costituente di una nuova civiltà dell’essere due nel mondo.

La spia che questo è l’orizzonte verso il quale ci muoviamo, e ci stiamo già muovendo da tempo, è che l’agire riguarda al contempo la trasformazione delle istituzioni, la trasformazione delle pratiche quotidiane di vita-e-lavoro e la città, cioè l’ambiente, l’habitat fisico e organizzato dove abitiamo, dove siamo abitanti. Vedremo se, quando e come esso è anche il luogo della nostra cittadinanza e della nostra residenza stabile, continuata.

1. Cos’è per noi la città.

La storia ci dice che la città è nata come struttura di mediazione fra gli abitanti e l’ordine naturale dell’universo. Per la polis greca le leggi della città erano un riflesso della legge universale preposta a governo del mondo. Elementi ricorrenti della città nella storia: le mura per circoscrivere lo spazio abitato e difenderlo da eventuali nemici; i luoghi di culto orientati secondo il corso del sole (ma lo spazio stesso della città era orientato, tipica la rete viaria secondo il cardo e il decumano del castrum romano); la scelta del luogo urbano in base alla presenza dell’acqua, all’orografia e alla morfologia del suolo.

Tutti questi elementi ci parlano del rapporto stretto e inevitabile della città col cielo e la terra e ci ricordano la radice planetaria dell’abitare.

Noi oggi chiamiamo città l’aggregato di luoghi e territori dove gli abitanti, donne e uomini, giovani e vecchi/e, ricche/i e povere/i, belle/i e brutte/i, cittadine/i residenti o abitanti temporaneamente presenti, svolgono quotidianamente le pratiche personali di vita per motivi di lavoro o obblighi familiari, per sé o per la cura di altri, per divertirsi, studiare, amare, risanare, nascere e morire. Insomma, vivere la propria vita nei vincoli, nei desideri e nelle relazioni della propria stagione della vita. Siamo consapevoli di operare una notevole semplificazione in questa definizione di città, ma ci sono buoni motivi sui quali potremo lavorare assieme.

2. L’ambiguità delle definizioni.

L’imprecisione dei termini rispetto al lessico disciplinare dell’architettura/urbanistica è una scelta di LabMi per tenerci lontane dagli sguardi e dal modo di concepire i problemi che hanno le discipline, l’architettura/urbanistica (è come l’arte una disciplina storico critica), la sociologia, la geografia, la scienza politica, per non parlare della scienza delle costruzioni (ce ne sono altre). Questa scelta ci permette di trovare una nostra postura, specifica per i fini che daremo a LabMi, consona alla nostra esperienza di donne che vivendo e lavorando nei luoghi urbani e nei territori mettiamo alla prova i loro assetti formali e funzionali. E ci permette di portare nel nostro lavoro ciò che è impossibile fare nell’esercizio delle discipline, in accademia e nelle professioni: parlare tra noi e concepire i problemi della città a partire dalla nostra esperienza dell’abitare.

3. Trovare una postura vuol dire anche elaborare un linguaggio, sviluppare una narrazione.

La città non si può pensare da soli e “dal basso” se non si vuole essere insignificanti. Appena i circoli di base passano da un’idea a un progetto sono costretti a prendere in conto le discipline, le istituzioni preposte all’attuazione del progetto, all’impossibilità di fare tutto e meglio da soli. Neppure si può cambiare qualcosa della città solo per noi donne. La città è abitata da tutti, donne e uomini, e i cambiamenti sono messi alla prova da tutti i corpi abitanti che la usano in libertà. Per questi motivi di fisica della città e di diritto di cittadinanza, è più semplice per noi donne posizionarci nel quadro di una nuova possibile civiltà del due e sul principio del primum vivere e del doppio sì, cioè utilizzando le radici del nostro pensiero che è stato espresso sotto l’egida della libertà.

Il problema nostro in LabMi è esplorare la morfogenesi che questi concetti possono generare se maneggiamo l’arte di mettere a problema in modo sapiente ed esperto la categoria della forma, che potrebbe portarci lontano (vedremo che abbiamo le risorse culturali per farlo).La città è un crocevia di diverse forme tutte costituite e trasformate nel corso del tempo, pertanto storiche.

La città è una forma dello spazio fisico, ma la città abitata è una forma fisica e funzionalmente organizzata dai vincoli legali che riguardano lo spazio (norme e piani urbanistici) e il tempo (orari di lavoro e dei servizi d’interesse pubblico) e gli/le abitanti. Tutti e tre sono descrivibili come una morfologia di relazioni e usi di spazi-e-tempi dei luoghi di vita e condizioni psicofisiche e condizioni sociali e di censo e cultura-tradizione familiare e altro.

Proprio a noi donne che viviamo nelle due sfere del doppio sì, quella pubblica e quella privata, il LabMi serve anche a comprendere la strutturazione storica e politica delle due sfere e le sue conseguenze per noi, così come si è inscritta e resa invisibile (o indecifrabile?) nelle strutture della città.

(www.libreriadelledonne.it, 8 aprile 2016)

Print Friendly, PDF & Email