4 Gennaio 2016
#VD3

Non basta avere ragione

di Gioconda Pietra

 

 

Sono arrivata alla riunione di Via Dogana  del 10 novembre “l’odio politico esiste, così come esiste la passione politica. Esiste anche tra donne?” attirata di più dalla parola “passione”. Era su quello che volevo sentire parlare in un momento in cui la mia passione politica inciampa di continuo nel potere disseminato nelle istituzioni dove sono impegnata.

 

Avevo da un po’ di tempo voglia di sentire parole della “Libreria”, sentivo un bisogno quasi fisico, che esprimevo con la frase “tornare alla casa della madre” con le mie amiche  e con Vita Cosentino che mi ha invitato a partecipare alla riunione. Poi la discussione si è focalizzata sull’odio e io, nella mia presunzione, mi sono detta “non mi interessa io non odio mai”. Ma man mano che ascoltavo le parole di altre/i mi è tornato in mente un episodio di molti mesi fa.

 

Sono consigliera comunale a Sesto San Giovanni e, finita una riunione della Commissione di cui sono presidente, sul piazzale del palazzetto comunale, mi sono trovata intrappolata in una violenta discussione con altre consigliere e consiglieri di maggioranza. Era appena uscito un articolo sul Giorno relativo al fatto che in una piscina comunale della nostra città,  una società sportiva aveva organizzato un corso per sole donne mussulmane, in un orario in cui solitamente la struttura è chiusa al pubblico. Era  esclusa la presenza di uomini. Lo scambio si è fatto molto animato soprattutto quando io ho affermato che mi sembrava una buona cosa e che quello creato era uno spazio di possibile libertà femminile. Tutte le donne presenti parlavano di situazione sbagliata, di arretramento culturale, di pericolo per le libertà conquistate da noi donne occidentali, del fatto che noi dovevamo insegnare loro a stare con tutti e spingerle alla ribellione, non appiattirsi sulle loro usanze. Nell’ascoltare quelle argomentazioni urlate con veemenza ho immaginato  donne occidentali che strappavano con violenza il velo alle donne mussulmane e ho provato un sentimento d’odio, unito a un altro, quasi di spavento. Con che donne stavo facendo questa esperienza di politica amministrativa, da che donne ero circondata, cosa c’entravano con me?

 

Non mi interessava la ridicola posizione di alcuni maschi presenti che si sentivano discriminati perché non potevano entrare in piscina in un orario che non era mai stato aperto al pubblico e che non era interessato loro fino a quel giorno. Era l’atteggiamento e i ragionamenti delle donne presenti, che li supportavano e si sentivano a loro volta minacciate, che mi lasciava sconcertata e senza più parole.  Mi sembrava di dover ricominciare il discorso sulla libertà femminile, sull’emancipazione e la differenza, dall’inizio. Sono andata via, senza salutare, arrabbiata, disgustata e depressa. Con il sentimento di estraneità che faceva a pugni con la mia voglia di esserci nella cosa pubblica: perché il mondo è anche mio, non solo loro.

 

Il giorno dopo mi sono trovata con le donne della mia  associazione “Le Malandre” con cui faccio volontariato organizzando un centro di aggregazione  giovanile sotto l’egida del Comune. Ho raccontato loro quanto accaduto, anche con una certa ansia, chiedendo cosa ne pensassero. Con parole calme e atteggiamento rilassato mi hanno detto di essere favorevoli all’esperimento del corso e hanno cominciato ad argomentare e a raccontare come le loro nonne e madri avevano trovato spazi di libertà e solidarietà in incontri, magari in parrocchia, di sole donne. Abbiamo parlato a lungo anche della paura che portava alcune mie colleghe consigliere  ad assumere atteggiamenti di chiusura. Lo scambio con le mie socie mi ha  ridato le parole che avevo perso e soprattutto ha fatto scomparire quel sentimento d’odio che mi ammutoliva facendomi sentire impotente e incapace di argomentare con calma le mie posizioni. Ho sentito di avere una comunità, ho capito che non ero sola e da quella comunità sono uscita in grado di partecipare al dibattito cittadino con argomenti comprensibili e senza quel senso di solitudine che avevo provato.

 

Senso di solitudine – e odio?- sentito anche quando in maniera tutt’altro che mascherata il potere si prende il posto della politica. Siccome il mondo è anche mio, con rinnovata forza cerco parole per smascherarlo pubblicamente e questo mi dà piacere e ultimamente mi fa trovare accanto anche donne che nella vicenda che ho raccontato mi erano contro.

 

(Via Dogana 3, 4 gennaio 2016)

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