21 Dicembre 2008
Metro Milano

Le imprese femminili nel Rapporto Censis 2008

Almeno sette donne su dieci hanno creato la propria azienda da sole. Non solo per necessità di lavorare e per non far chiudere un’attività preesistente di famiglia, ma anche per seguire una propria vocazione. Lo afferma il Censis, nel Rapporto sulla situazione sociale del paese 2008.
Un fenomeno, quello dell’imprenditoria femminile, che cresce con ritmi più sostenuti di quelli dell’imprenditoria maschile, tanto che oggi le donne “reggono”, secondo Unioncamere, il 25% del totale delle aziende italiane.
Ma qual è la filosofia che guida le donne imprenditrici? Fra loro, sottolinea il Censis, prevale una “cultura del profitto ben temperato”, che si sostanzia in “un mix di atteggiamenti e azioni riconducibili a modelli di capitalismo orientato a valorizzare l’impatto sociale, oltreché economico, del fare impresa”. Le donne adottano stili di leadership “molto partecipativi”, il che – spiega il Censis – non si deve solo al fatto che gestiscano soprattutto imprese piccole e a gestione familiare, ma al loro orientamento alla condivisione con altri del percorso di lavoro.
Le imprenditrici ritengono poi che il successo sia legato al coraggio di “sporcarsi le mani” con tutto ciò che riguarda l’impresa (dall’amministrazione alle strategie), collegano il profitto alla capacità di ispirare fiducia sia nei clienti sia ai propri dipendenti e considerano come principio guido nella propria attività “la responsabilità, declinata nella capacità di rispondere insieme ai bisogni dell’azienda e alle attese dei dipendenti”. (Labitalia/ADN, su “Metro” Milano, 23 dic. 2008, p. 10).

Ma… C’è un “ma”

La “vivacità valoriale delle donne imprenditrici” non sembra accompagnarsi a un altrettanto forte orientamento alle relazioni. Infatti, avverte il Censis, “l’interazione fra le imprenditrici e il sistema di sviluppo locale è molto bassa”. “L’estraneità di queste donne rispetto alle vicende economiche e sociali circostanti – proseguono i ricercatori del Censis – è una vera e propria criticità, poiché conferma che le imprese femminili sono, più di quelle a conduzione maschile, restie a partecipare attivamente alla vita pubblica locale e sostanzialmente chiuse nel proprio microcosmo produttivo e amicale”. (stessa fonte indicata sopra)

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