18 Gennaio 2013

Un ‘processo’ ancora aperto. Margherita Porete, una donna a viso scoperto in uno spazio pubblico.

TESI DI LAUREA (ABSTRACT) DI MARIA ALESSANDRA SOLETI

 

RELATRICE: Prof.ssa Michela Pereira
CORRELATRICE: Prof.ssa Maria Luisa Boccia

Università degli Studi di Siena – A.A. 2005/2006


La mia tesi analizza il pensiero di Margherita Porete, una donna vissuta in età tardo medievale, che osò scrivere un libro dal titolo Le Mirouer des simples ames qui en vouloir et desir demourent, per il quale fu condannata al rogo.
L’esordio di questo studio tratteggia la concezione che i chierici del tempo avevano dell’altro sesso, negando al carisma femminile qualsiasi riconoscimento all’interno dell’istituzione ecclesiastica. Attingendo a fonti eterogenee, mi sono soffermata a riflettere sulla differente modalità conoscitiva che contraddistingue la ‘mistica femminile’, relegata ad un ruolo marginale nella storia della filosofia come discutibile forma di devozione. Nonostante i tentativi di mettere a tacere queste mulieres religiosae, in molte riescono a far sentire la propria voce, anche se col tempo si perderanno le tracce della loro esistenza. Anche la figura di Margherita è avvolta dal mistero, difatti ricostruire la sua vita è un’impresa ardua e costellata d’ipotesi, che spesso sconfina nel romanzesco: ho tentato quindi di dare un volto a questa donna a partire dalle scarne notizie sul suo conto, cercando di risalire all’appartenenza sociale ed alla formazione da lei ricevuta. Il primo capitolo si conclude con un’analisi del cammino di perfezione compiuto dall’Anima protagonista dello Specchio, che in molti identificano con l’autrice del dialogo allegorico. In realtà, il testo non è riducibile ad un diario, né ha l’andamento sistematico d’un trattato, piuttosto si tratta di un’autobiografia spirituale che nella seconda parte si arricchisce di un intento mistagogico. Per molti versi la scrittura della Porete sembra inserirsi nel genere letterario della ‘confessione’, stando al senso che Maria Zambrano attribuisce a questo termine.
Nel secondo capitolo ho messo in evidenza la valenza politica che può assumere qualsiasi esperienza mistica: la scelta di vivere in modo autonomo la fede contraddistingue il movimento beghinale, che nell’Europa settentrionale calamitò l’attenzione d’un numero crescente di donne. Pur essendo presentata nelle carte processuali come una beghina, Margherita non entrò a far parte d’un grande beghinaggio e si mostrò disponibile al dialogo con alcuni religiosi del suo tempo, ottenendo l’approvazione di personaggi autorevoli.
Mi sono inoltre soffermata sull’andamento del processo per mostrare gli interessi politici che condizionarono quel giudizio di condanna, confermato in maniera indiretta durante il Concilio di Vienne. Tra gli studiosi si assiste al ripetersi di quel processo ogniqualvolta si discute dell’ortodossia o eterodossia di quel pensiero.
Una dottrina d’immediato impatto politico è senz’altro quella delle due Chiese, la cui origine sembra avere radici molto antiche, forse risalenti allo gnosticismo. Una comunità di poche anime semplici è “al di sopra, ma non contro” la Chiesa Minore: ho cercato di mostrare in che modo la pensatrice abbatte con affermazioni simili qualsiasi dicotomia tra chierici e laici aprendo a tutte le creature l’accesso al Paese della Libertà. Mi sono infine soffermata sulle caratteristiche che contraddistinguono le anime semplici, riconoscibili dalla loro pratica di vita. Ho quindi individuato alcune analogie fra l’usage dell’anima annientata e la pratica politica del partire da sé maturata nell’ambito del pensiero della differenza, attenendomi al contributo di studiose esponenti del movimento femminista.
Nel terzo capitolo ho sintetizzato il tormentato cammino del Miroir nei secoli successivi alla sua condanna, sottolineando la diversa ricezione ricevuta dal testo in circoli femminili che operavano sotto il ‘mantello’ della laicità. In particolare mi sono soffermata su due autorevoli lettrici di quelle pagine, quali Margherita di Navarra e Simone Weil. Nonostante i tentativi di occultare la maternità dell’opera, quelle pagine furono lette con ammirazione da altre donne che hanno riconosciuto in quei fogli pergamenacei un prezioso insegnamento, seguendo l’invito a fare il vuoto di sé e del già pensato per fare spazio ad una nuova idea di trascendenza.
La lezione della Porete continua a sfuggire a qualsiasi classificazione ma trova ancora oggi accoglienza in donne diverse tra loro, come Clara Gennaro e Rosetta Stella, due studiose appassionate di spiritualità al femminile. Ho provato ad interrogarle a partire dalla loro ammirazione per il pensiero poretiano, ma rischiavo in tal modo di sminuirne il vissuto, mi sono quindi riproposta di approfondire in altra sede il confronto fra le due studiose, magari con un approccio di tipo ‘autocoscienziale’. La conclusione della tesi rimane dunque ancora aperta, così come il testo rimanda ad un’ulteriorità di significato.

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