18 Gennaio 2013

Verità e Riconciliazione in Sud Africa: la voce delle donne

TESI DI LAUREA (ABSTRACT) DI LIVIA PANICI

RELATRICE: Prof.ssa FEDERICA GIARDINI

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI ROMA TRE, FACOLTA’ DI LETTERE E FILOSOFIA, CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN “TEORIA DELLA COMUNICAZIONE” – A.A. 2006-2007


La mia tesi analizza il contributo delle donne alla Commissione per la Verità e la Riconciliazione in Sud Africa, istituita nel 1996 dopo decenni di guerra civile con lo scopo di chiudere i conti con il passato e volgersi insieme al futuro democratico del paese.
Le donne sudafricane hanno portato sulle loro spalle il peso dell’apartheid e della lotta per la liberazione nazionale. Ne hanno sofferto in misura diversa dagli uomini, in quanto già sottomesse al sistema tradizionalmente patriarcale sudafricano che negli anni di oppressione era stato esasperato e legittimato giuridicamente. Sudafricane di ogni razza e classe sociale hanno dato il loro contributo per la trasformazione in senso democratico della società; hanno fornito molto dell’infrastruttura stessa della resistenza, mobilitando il dissenso ed unendosi su un fronte comune, a livello politico e comunitario. Hanno partecipato attivamente alle azioni di guerriglia sia come combattenti che come specialiste di comunicazioni, esplosivi e spionaggio.
La Commissione per la Verità e la Riconciliazione (TRC) ha rappresentato un importante passaggio nella transizione democratica; l’inclusione delle donne in questo difficile processo è stata tutt’altro che automatica, ed ha richiesto specifici interventi da parte di ricercatrici, attiviste, collaboratrici interne ed esterne alla TRC. La storia del Sud Africa che la Commissione si proponeva di investigare e stabilire sarebbe stata incompleta senza il loro contributo: la mia tesi è che inserire la tematica delle donne – dalla loro oppressione sistematica e strutturale al loro contributo alla liberazione – non abbia significato solo dare voce ed autorità all’altra metà della popolazione e completare così l’archivio nazionale. Si è trattato anche e soprattutto di superare i limiti del mandato, di ampliare il valore e la portata del messaggio della TRC riconoscendo ufficialmente il significato della liberazione nazionale come lotta affrontata quotidianamente dalla popolazione nel suo complesso. Le donne hanno raccontato questa storia in un linguaggio che la TRC non era preparata a comprendere: attraverso il loro silenzio, il racconto della sfera domestica violata e della distruzione delle proprie famiglie e aspettative di vita hanno esposto e denunciato il volto più disumano dell’apartheid, mettendo sé stesse all’ombra, scegliendo sempre di ricordare e celebrare le figure prevalentemente maschili che avevano perduto. Nelle loro storie emerge il senso dell’ubuntu, il continuo tentativo di condividere il proprio dolore in quanto madri, figlie e sorelle con altre donne di ogni razza, classe sociale e orientamento politico.
All’interno della Commissione le donne hanno contribuito a garantire la trasparenza e visibilità dei processi di selezione dei commissari, di gestione dei protocolli e organizzazione delle udienze. Hanno introdotto nuovi temi all’indagine della TRC, con l’obiettivo di includere al suo interno la maggiore varietà razziale, sociale e religiosa. La partecipazione delle donne alla trasformazione in senso democratico del Sud Africa può essere letta come l’applicazione pratica delle recenti normative internazionali riguardo la parità di genere.
L’interesse sulle donne come oggetto di specifica ricerca non è nuovo, e si inserisce in un contesto più ampio di sensibilizzazione a livello internazionale alle tematiche del genere, in particolar modo per quanto concerne la violenza e discriminazione sessuale. Ciò che è meno dibattuto e più importante nel mio lavoro non è però l’obbligo morale di includere le donne nei processi di negoziazione e di pace; nelle parole di Sanam Naraghi Anderlini la questione non è “quanto le donne possono guadagnare tramite la loro inclusione nei processi di pace, ma (…) quanto i processi di pace possono perdere quando il carico di esperienze, creatività e conoscenza delle donne è escluso”. In quest’ottica la transizione sudafricana può essere presa ad esempio nel suo complesso, dalla missione UNOMSA – guidata da Angela King e gestita da staff prevalentemente femminile – alla trasformazione del settore della sicurezza, in cui le donne hanno giocato un ruolo fondamentale.
L’esperienza sudafricana si offre come prova delle potenzialità femminili come motore di pace e sviluppo, dai boicottaggi contro gli aumenti di beni di prima necessità dei primi anni Cinquanta alle lotte per la piena trasformazione in senso democratico del paese dall’elezione di Mandela in poi. La Commissione per la Verità e la Riconciliazione, al di là dei suoi errori e limiti, ha rappresentato questo successo: la rivelazione di una parte importante della storia del paese, il riconoscimento del ruolo e contributo femminile e conseguentemente il suo potenziale per la ricostruzione. La sfida è stata raccolta da numerosi paesi al mondo, che si trovano recentemente ad affrontare la transizione; il bagaglio di esperienza in materia di promozione dei diritti umani e strategie per l’allargamento e sviluppo della democrazia è oggi patrimonio comune in cui è possibile leggere e sfruttare il contributo delle donne.

Print Friendly, PDF & Email