19 Gennaio 2019

Alessandra Caccia, Bio

 

 

 

 Accompagna l’installazione un multiplo dell’artista in 10 esemplari

(Segue la cena della cucina di Estia)

  

Gli autoritratti di Alessandra Caccia s’intitolano Bio, un termine spesso equivalente a curriculum. In greco è la Vita (bios), da cui nascono biografia (grafèin – scrivere),biologia, (logos – ragione, linguaggio), anfibio (amphì, da due parti, terra e acqua), cenobio (koinò – comune, spazio condiviso).

Alla Quarta Vetrina ne presenta due, ognuno abbinato a un paesaggio. Una biografia?

Qualcosa di più: è il corpo a corpo con la dialisi. Le inquadrature reali, ma non voyeuristiche, mostrano lo sguardo su di sé col quale fa i conti con  la malattia e l’impianto di un catetere permanente. Una scelta in genere mascherata dall’autocensura, come se fuori dall’universo ospedaliero non se ne potesse parlare.

Alessandra Caccia prende un’altra strada,  e a ventisei anni decide di guardare e fotografare il proprio corpo per non abbandonarlo alla tecnica medica.

 Mentre ci immergiamo nei suoi occhi che scrutano, scelgono la luce, la posizione, appare il coraggio dell’intimità. Emoziona, imbarazza, sorprende, perché è off limits. I paesaggi indicano che la cura è sempre, comunque, un’esperienza non separabile dal mondo.

Lei dichiara: “L’arte mi ha salvato”, chi guarda partecipa all’impresa di una giovane donna che allora come oggi non rinuncia al proprio corpo.

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