22 Giugno 2006
il manifesto

Kara Walker, stencil contro l’ingiustizia

 

La giovane artista afroamericana, in mostra al Metropolitan Museum di New York, affronta con le sue silhouettes nere storie come la devastazione dell’uragano Katrina a New Orleans e la tratta degli schiavi
Alessandro Cassin

«Questa mostra non è semplicemente su New Orleans o Katrina o i disastri causati dall’acqua. È un tentativo di capire il discorrere inconscio che si mette in moto quando parliamo di questi eventi», scrive Kara Walker sul pannello introduttivo alla sua mostra al Metropolitan Museum (fino al 30 luglio). In contemporanea a una deludente Biennale dell’arte americana al Whitney Museum, ecco una rassegna capace di stabilire rapporti allusivi e profondi tra l’arte contemporanea e la realtà.
L’ignobile spettacolo di depravazione e ingiustizie razziali messo a nudo dall’uragano Katrina, è il punto di partenza della riflessione della Walker che ha voluto evidenziare le interconnessioni tra acqua, etnia e povertà nella storia americana. Da qui il titolo, After the Deluge. Con grande intelligenza Walker non commenta la cronaca: nessuna opera è stata realizzata dopo la devastazione di New Orleans. Al contrario, la mostra riflette un atteggiamento mentale, uno sdegno privato e una contestualizzazione del disastro. A soli 36 anni, Kara Walker è la più giovane artista a ricevere l’onore di una personale al Metropolitan Museum. Più noto per le mummie egizie e i vasi greci, il museo ha ora un dipartimento di arte moderna e contemporanea. Il curatore, Gary Tinterow, un anno fa ebbe la lungimiranza di offrire carta bianca a Walker per una mostra in cui esporre il proprio lavoro assieme a pezzi di ogni epoca e provenienza, da scegliere nella vasta collezione del museo.
L’opera di Kara Walker, oggi contesa dai principali musei del mondo, occupa un posto a sé nel panorama contemporaneo. Si tratta di un continuo confronto tra il dato storico (la storia del conflitto razziale negli Usa nel periodo precedente alla guerra civile) e l’invenzione narrativa. Il tutto eseguito resuscitando lo «stencil», una tecnica settecentesca che consiste nelle creazioni di silhouettes monocromatiche. Lo stencil è un richiamo cosciente al passatempo delle mogli dei proprietari delle piantagioni e costituisce un punto d’incontro tra storia, arti minori e vita quotidiana. Il suo insistere sul problema razziale e sulle complesse ramificazioni sessuali non ha nulla di vittimistico. L’eredità dello schiavismo, sembra volerci indicare, è che siamo tutte vittime. Non a caso ogni personaggio, schiavo o padrone, è rappresentato in nero, di fatto eliminando l’aspetto esteriore della differenza razziale.
Per After the Deluge, l’artista afroamericana di origine californiana, ha creato una sequenza di immagini e brevi testi aforistici. Le sue silhouettes in bianco e nero si alternano a stencil e paper cuts del ‘700-‘800, pitture a olio, e a un oggetto etnografico del Congo. Sebbene la mostra è concepita come una «installazione narrativa» alcuni pezzi hanno un maggiore peso specifico. Tra questi General Defeat, gouaches e paper cut di Walker stessa, le silhouettes del francese Auguste Edouart, e Gulf Stream di Winslow Homer, che ritrae un naufrago nero nel mare in tempesta. «Ho cercato di far luce sulle rappresentazioni visive della vita dei neri, in particolare, e sull’effetto su di esse di forze esterne come il mare, la tratta degli schiavi e l’incapacità di erigere barriere», dice l’artista. Walker ripercorre il ruolo dell’acqua nella storia dei neri d’America a partire dalla traversata transoceanica nelle navi degli schiavi, fino all’uragano Katrina. Sebbene «politica» la sua è un’arte senza dogmi. L’ironia e la provocazione sostituiscono ogni certezza. Il suo è un discorso ellittico e allusivo. Il New York Times arriva a sostenere che l’uragano Katrina è per Kara Walker ciò che le guerre napoleoniche sono state per Goya. La forza di queste silhouette bidimensionali, consiste nel dar voce all’indicibile. Miles Davis sosteneva che «se i bianchi potessero leggere i pensieri dei neri ne sarebbero terrorizzati». Kara Walker dà voce a questi pensieri con un linguaggio fatto di cut outs, ritagli di giornale, disegni, lanterne magiche e caricature. Che l’artista abbia raggiunto maturità e fama internazionale non è un mistero. Al momento è in corso anche una sua personale a Chelsea, presso la Sikkema Jenkins Gallery, il cui pezzo forte è «8 Possible Beginnigs…», un video di 16 minuti in cui l’artista anima le sue silhouettes. Inoltre, Walker è stata inclusa nella collettiva Dark, in corso al Bojmans-van Beuningen Museum di Rotterdam.

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