19 Marzo 2016

La quarta vetrina – Reverie di Elena El Asmar.

Artiste contemporanee raccontano la loro relazione con l’arte, i libri, le donne, i pensieri.

A cura di Francesca Pasini.

In vetrina, dal 30 marzo al 25 aprile, Reverie di Elena El Asmar.

 

Dopo la visita della vetrina dall’esterno e dall’interno, il 30 marzo (ore 18.30) ci sarà l’incontro con l’artista e la curatrice, e alla fine, la cena della cucina di Estia (la conferma è gradita).

 

Sarà in vendita una grafica dell’artista in 10 esemplari, realizzata per La Quarta Vetrina.

 

 

Nella storia dell’arte, gli arazzi erano realizzati dalle donne, ma i cartoni preparatori erano opera di artisti uomini. Elena El Asmar rovescia questa tradizione, parte dai propri disegni e li fa realizzare da una tessitura industriale. Si vedranno per la prima volta alla Libreria delle donne di Milano. Qui avviene un altro rovesciamento: sono tre ma, invece di addossarsi in modo lineare alle pareti, si sovrappongono uno sopra l’altro come se la vetrina li indossasse. Il diaframma del vetro lascia fluire la luce, fa brillare i colori (bianchi, neri, grigi), fa intuire trama e ordito, recto e verso.

 

S’intitolano Reverie, con grafia italiana. Un segno che ha un senso. Evoca la lingua madre di Elena, nata in Italia, da mamma italiana e papà libanese, e mette in primo piano la vita quotidiana e la sua pronuncia. L’intreccio dei fili e la sovrapposizione degli arazzi richiamano l’esistenza e il suo continuo accavallarsi tra passato e presente.

 

Elena El Asmar ha disegnato per i suoi arazzi degli oggetti alla portata di tutti. Come lei dice, non c’è “la pretesa di possederli”, ma di lasciarsi trascinare dalla visionarietà e trasformali in soggetti. Così due candelabri che hanno accompagnato le sue case diventano due fantastiche architetture, un po’ antica Roma, un po’ Arabia Felix. La finestra da cui guarda la campagna, all’alba, dopo una nevicata, trasforma il panorama in una terra fantastica. Tutto avviene attraverso la pellicola trasparente di un disegno attaccato sul vetro. Mentre la fotografia di una scultura, una volta tessuta, orienta lo sky line di una città fiabesca, dominata da un “minareto”. Nella sovrapposizione ognuno perde qualche segno, ma ognuno acquista spazio dall’altro.

 

“Orizzonti accatastati uno sopra l’altro che non sono mai riuscita ad archiviare e distinguere”, così dice Elena, così succede quando si percorre il sentiero che va verso il centro della propria vita.

 

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