Giuliana Sgrena
Un gruppo composto da 120 refusnik israeliani e 120 ex prigionieri politici palestinesi cerca di spezzare il cerchio della diffidenza e degli istinti suicidi. «Siamo diversi, ma abbiamo lo stesso obiettivo»
Pratiche di lotta – stampa
Mai più guerre, con o senza Onu
Angelo Mastrandrea
«Mai più guerre, con o senza Onu. L’Afghanistan? Come l’Iraq. Il 2 giugno? Senza parata. Stop alle sanzioni alla Palestina». Parla Sentinelli, viceministra agli Esteri
Cinzia Gubbini
Natasha Walker: Donne in Iraq
(traduzione di Maria G Di Rienzo) Le donne in Iraq stanno vivendo un incubo nascosto all’occidente. Una di esse e’ diventata regista proprio per aprire a noi una finestra su cio’ che le donne sopportano. Rayya Osseilly, ad esempio, e’ una medica irachena che si prende cura delle altre donne nell’assediata citta’ di Qaim.
Usa, assolte le nonne anti-guerra
Franco Pantarelli
Quando il giudice ha pronunciato la frase fatidica: «Le imputate sono assolte», loro si sono prodotte in un un «Oh» di gioia, si sono «date il cinque» e poi si sono precipitate ad abbracciare il loro avvocato, Norman Siegel, un’icona delle battaglie per i diritti civili a New York. Magari proprio «precipitate» no: l’età delle diciotto imputate andava dai 67 ai 91 anni,
Oggi, Rachel Corrie
Irene Alison
Oggi «Reading» a Gerusalemme est e a Rafah (Gaza sud) per ricordare Rachel Corrie, la giovane pacifista americana uccisa da un ruspa israeliana tre anni fa mentre cercava di impedire la demolizione di case palestinesi.
Palestinesi, “malati di speranza”
Luisa Morgantini
La popolazione della Cisgiordania e gaza di fronte al ricatto del taglio degli aiuti internaionale, alla distruzione dei raccolti e al rischio del collasso dell’economia dell’ ANP.
Lo sguardo di Dunja sulla guerra
Riccardo De Gennaro
Una ragazza giovanissima precipitata nella catastrofe della guerra, tra la violenza delle bombe nemiche e la follia degli amici. «Ci sentivamo come i partigiani» >
Ebrei per la pace a Bi’lin. Stupefatti
Paola Canarutto Bi’lin è un villaggio agricolo, a cui la “barriera di separazione” confisca metà del terreno coltivato. Il motivo ufficiale addotto dalle autorità israeliane è che la “barriera” viene costruita per motivi di sicurezza, ma il movente reale è quello di impadronirsi di terra per la colonia ebraica ortodossa di Modi’in Illit.