di Pino Corrias
La cosa più sensata (finalmente) l’ho ascoltata l’altra mattina a Radio 3, una ascoltatrice di Prima pagina che a proposito del mattatoio in corso da quasi un secolo sulle sciagurate sabbie del Medioriente, ha detto: «Se ci fossero le donne al potere da una e dall’altra parte, tutto questo non sarebbe mai successo». È vero. Siamo tutti in balia – e non solo in questo corto circuito geografico, religioso, politico – di plotoni >
Dalla stampa
Hadar Morag: «Il trauma toglie la parola ma bisogna fermare la guerra»
di Lucrezia Ercolani
Parla la regista israeliana, a DocLisboa con il film «Tzipora and Rachel Are Not Dead»: «Siamo diventati ciò che più avversavamo. Non firmerò mai la clausola per il cinema “leale” allo Stato israeliano. Il festival ha rifiutato il patrocinio e vista la situazione ne sono felice» >
Anche oggi sputerò su Hegel
di Annalena Benini
Cinquant’anni dopo Carla Lonzi, grazie a lei e alle altre, possiamo non sentirci più oppresse. Ma non è finita lì. >
La donna che saluta il suo carceriere con shalom (pace)
di Franca Fortunato
Ci sono gesti, di cui sono capaci più donne che uomini, che hanno la forza di stravolgere la realtà, indicare la strada giusta e illuminare la speranza davanti alla catastrofe. >
E vissero insieme felici e contente
di Anita Chaudhuri
A Londra un’esperienza di cohousing riservata a donne di più di cinquant’anni si rivela un modello di vita alternativo che ha molti aspetti positivi >
Aiutiamo Israele a uscire dal brutto vicolo cieco
di Gad Lerner
Si può aiutare Israele a sfuggire al vicolo cieco in cui sta cacciandosi, nell’illusione di poter sopravvivere solo grazie alla sua forza militare? Oggi la società israeliana è angosciata dalla sensazione che il mondo non comprenda il trauma vissuto a partire dal 7 ottobre. E questa incomprensione rischia di produrre conseguenze catastrofiche. >
Con la Carovana dei libri fra i villaggi terremotati
di Arianna Di Genova
Parla la libraia marocchina Jamila Hassoune, ospite al 900fest di Forlì dedicato alla scuola. «Penso di essere riuscita, negli anni, ad accendere una scintilla di curiosità in chi ha partecipato. Il mio progetto nomade nasce dal dialogo e dalla conoscenza» >
«Non scrivete il nome di mio padre su una bomba»
di Lucia Capuzzi
«Non scrivete il nome di mio padre su una bomba». È stato questo il toccante appello di Yoatam Kpnis, figlio ventinovenne di Liliach Lea Havron ed Eviatar Kipnis, gli italo-israeliani assassinati da Hamas nell’attacco al kibbutz di Be’eri dove vivevano >
